Di ritorno dal festival di Cannes (che di anno in anno va mostrando sempre più il suo lato puramente mondano), mi accingo a recensire uno dei film in programma che mi ha piacevolmente sorpreso: si tratta di "pleasure factory", diretto da Ekachai Uekrongtham (già autore del bellissimo "Beautiful Boxer") e inserito nella sezione "un certain regard".
Il film è costruito intorno all'intreccio e all'evoluzione di varie vicende sullo sfondo di una Singapore ritratta egregiamente nella sua vita notturna, nei suoi innumerevoli colori, sapori e nella sua innata dicotomia povertà\ricchezza. Una dicotomia ben distinta caratterizza anche i protagonisti delle varie storie: chi ricerca disperatamente il piacere e chi, invece, lo offre; nel corso di una notte così simile alle altre assistiamo alla perdita della verginità di un ragazzo arruolato nell'esercito grazie alla complicità del suo compagno mentre, altrove, una ragazzina è costretta dalla madre a perdere la sua innocenza al fine di soddisfare un benestante uomo d'affari. Infine un altro ragazzo proverà l'emozione della sua prima volta con una giovane prostituta, della quale si innamorerà perdutamente...
Il film (girato con attori non professionisti, la maggior parte dei quali lavora realmente nel quartiere a luci rosse della città) scorre per tutta la sua durata con un ritmo serrato, frenetico come le strade di Singapore, senza lasciar spazio alla riflessione se non in alcuni sporadici momenti; le inquadrature sono incredibilmente audaci per gli standard orientali (dato che solitamente neanche negli hard più espliciti vengono mostrati i genitali) e non lasciano nulla all'immaginazione. Il tema fondamentale che permea il film è il sesso, legato al corpo e alla ricerca del piacere, in un'atmosfera claustrofobica, cupa, allegra e vitale allo stesso tempo. Ed è proprio il sesso a essere rappresentato sia come crudo e morboso atto carnale, sia come sublimazione dell'amore e del sentimento. Il regista alterna volutamente scene dal fortissimo impatto visivo ed emotivo (agghiacciante la scena in cui il ricco uomo d'affari violenta la ragazzina sotto gli occhi di una madre preoccupata solo del denaro che andrà a ricevere), ad altre dal tocco leggero e poetico, il tutto accompagnato da una colonna sonora che amplifica egregiamente le sensazioni visive dello spettatore.
Ciò che rimane al termine della visione è il ritratto dell'essere umano completamente assoggettato alla ricerca del piacere in tutte le sue forme e attraverso tutti i mezzi: una routine che gli impedisce di essere perfettamente legato alla sua razionalità, e che lo trasforma in un prodotto della "fabbrica del piacere" citata nel titolo di questo film che sicuramente non approderà sui nostri schermi, ma che meriterebbe assolutamente un'attenta visione.
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