Chi conosce gli Elbow sa che il gruppo di Manchester adotta lo stesso schema per ogni disco: lungo mantra inziale con cori ripetuti, ballatone sghembe per cuori intellettuali, rock futuristici e apoteosi corale con commiato finale a luci basse. Come l'invitato al matrimonio che ha ballato per tutto il ricevimento ma a fine serata si aggiusta la cravatta per darsi un tocco di dignita'.
Inoltre, gli album degli Elbow hanno sempre 4 o 5 pezzi talmente superori alla media (dei loro dischi e di quelli di qualsiasi altra nuova band in circolazione) che fanno sembrare le pur ottime tracce rimanenti come dei filler di poco conto. Basti pensare a "Switching Off" da "Cast of Thousands", una di quelle canzoni che necessitano due minuti di silenzio dopo l'ascolto perchè tutto quello che viene dopo sembrerà superfluo. Invece in scaletta è la numero 5 e fa sembrare la successiva "Not a Job" minutaglia inutile.
"Build a Rocket Boys" non sfugge alla regola anche se in questo caso tra le pur ottime canzoni del disco si intravede una certa stanchezza, con alcuni pezzi sfilacciati oltre il dovuto. Rispetto al precedente "The Seldom Seen Kid" il tono è più crepuscolare, con meno episodi alla Radiohead e più spazio per i lenti con la miracolosa voce "gabrielliana" di Guy Garvey a dominare su tutto.
Oltre al cantante barbuto, il protagonista del disco è Craig Potter, con il suo armamentario di tastiere e pianoforti che si spalmano lungo le 11 tracce.
Il singolo "Neat Little Rows" non è la nuova "Grounds for Divorce" (e non è un difetto) ma l'inziale "The Birds", con i suoi rimandi, botta e risposta e intrecci vocali e' da applausi. La successiva "Lippy Kids" è uno scrittore che legge il suo diario seduto sul molo. Garvey si schiarisce la voce sul ritornello e porta i ragazzi a casa.
"With Love" dal ritmo circolare usa il coro in maniera geniale mentre "Jesus is a Rochdale Girl" è piacevole ma noiosetta. "The River" e "The Night Will Always Win" si spogliano per lasciare spazio a Guy Pigliatutto. Poche note di pioggia parsimoniosa ma tanto basta per avere voglia di cantarle alla luna, anche se da una canzone che si chiama Il Fiume io mi aspetto sempre un favore. Per la seconda, come si fa a non amare un testo che dice "I love your stupid face, I love your bad advice"?
"High Ideas" tenta la giocata e la trova anche se potrebbe dare la sensazione di artificio creato apposta per stupire. "Open Arms" ritenta la magia di "On a Day Like This" ma il mago non riusciva a leggere bene dal libretto di istruzioni. Resta un ottimo pezzo da cantare in un girotodno di anime pure. La conclusiva "Dear Friends" tampina l'eccellenza ma senza strafare.
Un bel lavoro (gli Elbow sono incapaci di scrivere dischi brutti) anche se rispetto al precedente sembra meno lavoro di squadra e più il primo progetto solista di Guy Garvey.
p.s. occhio ai testi, sempre splendidi
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