Preparate i bagagli, il viaggio prosegue. E ad accompagnarci è la Miseria (‘elend' in tedesco arcaico).
E' un viaggio sublime quello che intraprendiamo all'ascolto di quest'opera, successore del magnifico "Winds Devouring Men". Con il primo capitolo del "Ciclo dei Venti", il duo franco-austriaco Hasnawi / Tschirner ci aveva introdotti in una nuova dimensione musicale, ben diversa dai precedenti capitoli su Lucifero. In questo ciclo troviamo intelligente dark ambient, complesse orchestrazioni e influenze industrial, il tutto maneggiato con estrema cura e maestria.
Molteplici le suggestioni che il succedersi delle tracce plasma in noi. Ci si imbarca in questo ennesima avventura con "Chaomphalos". Una voce femminile limpida affiora dalla nebbia, indistinta e remota. Ci si sente come cullati in una bolla di cristallo fragile ed eterea, si naviga in un limbo di quiete ultraterrena. Subentra la voce maschile, ed una serenità spruzzata di malinconia s'insinua tra le fibre del cuore. Ma attenzione, i minimalismi al termine della traccia sussurrano e narrano di timore e paura.
La bolla si infrange, miriadi di aghi appuntiti ci trafiggono. I folli archi di "Ardour" ci scaraventano al suolo, ci fanno tremare. Via via, la "violenza" iniziale si stempra e la voce maschile ci fa da cicerone guidandoci in luoghi misteriosi, alla scoperta di nuove realtà, superando i cori delle sirene.
La solennità si impossessa dell'Essere con "Sunwar The Dead", con l'avanzare delle percussioni e di un'orchestrazione incalzante. Incessante, incessante è il flusso di suggestioni, scenari e visioni, allucinazioni e impressioni.
"Ares In Their Eyes" porta l'alba di un misterioso sole, e l'ascesa di una divinità immonda è annunciata da stralci di inquietante industrial. Una martellata ci fa stramazzare a terra. Privi di sensi, l'animo risponde comunque al succedersi dei colpi. "The Hemlock Sea" ci accoglie con "martellate" industrial, ci stordisce dentro. Aleggiando entriamo in una realtà sospesa, dove nulla ci tocca e ci fa del male. Una serena insensibilità. E le martellate riprendono, intramezzate a un felice stato catatonico.
Si riparte. In punta di piedi facciamo capolino in un affresco cangiante di nome "La Terre N 'Aime Pas Le Sang": l'inquietudine degli archi, i silenzi assordanti, il terrore dietro l'angolo, pronto ad azzannarci, crudelmente. Un flauto psicotico è il protagonista del dramma "A Song Of Ashes", attorniato dalle comparse dell'industrial minimalista. La voce maschile si svela, si sottrae al proprio oscuro nascondiglio e prende forma: la forma di uno spettro di tenebra, angosciato, sofferente e dannato. Il gemello luminoso infine lo abbraccia, in una lenta e solenne danza. Lo psicotico flauto e gli archi suoi vassalli chiudono il sipario, è il momento di proseguire. Cori angelici, voci dagli alti troni e la supplica di un mortale che anela alla serenità celeste. L'incalzare sempre maggiore delle orchestrazioni, la sublimazione di ogni peso. "Laceration" dipinge a piccoli tocchi un tappeto soffice ed estatico. Ma non possiamo adagiarci.
"Poliorketika" ci fa giungere alle rive di una terra misteriosa. La voce di una donna crea armonie sublimi, ci affascina e ci ammalia come il filtro di una strega. Ridèstati. Ridèstati da tale assopimento, frutto di una malìa. Non lo vedi? I cieli si tingono di sangue e grigio. "Blood And Grey Skies Entwined". Lentamente il grigiore si fa più cupo e un sentore tombale ascende. Il clavicembalo ci narra di morte, gli archi cantano di sangue, le suggestioni industrial ci lanciano occhiate malevole.
Nero. Il cielo si è oscurato. Non c'è sole, non c'è alito di vento, non c'è una speranza. Eppure si può ancora sperare, si trova la forza. "Threnos" ci solleva con ali evanescenti al di sopra del nero e del nulla, alla ricerca di una luce. Forse è lì, forse è quella che posso vedere in lontananza. Illusione? L'abisso mi cinge ancora una volta, il nero mi circonda con tentacoli possenti. Discendo lentamente, con la tenebra che si fa sempre più reale e palpabile. Tocco il fondo. E nulla è più, né fuori né dentro me.
Riapro gli occhi. Si, sono giunto al termine di questo viaggio e ne sono tornato trasfigurato. Ripongo i bagagli e attendo una nuova chiamata. Quando sentirò il vento sussurrare e la Miseria mi apparirà e mi farà dolcemente cenno, io sarò lì, pronto per partire nuovamente al suo fianco.
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