"Black Hole" è il titolo del corposo moloch posto in apertura di disco (sentasi DeSample).
In effetti sembra proprio questo il percorso verso il quale il suono profuso dal mastodontico Elefante norvegese desidera traslarci in questo terzo album in studio realizzato al termine dello scorso anno.
I tre vichinghi di casa Rune Grammofon, affiancati in questo frangente dalla chitarra sbertucciata dello svedese Fiske (già Landberk), ordiscono un cangiante viatico spazio-temporale che di primo acchito sembrerebbe orientato alla sterile citazione di un obnubilato quanto riconoscibile passato ma che alla prova dei fatti si dimostra capace di proiettarci verso un luminescente, tangibile presente.
Il disco è costruito intorno a sette porzioni integralmente instrumentali dalla tempistica media notevole (tre scavallano abbondantemente la decina) al cui interno l'organo Hammond letteralmente impazzito di Ståle Storløkken (leggasi anche Supersilent) sovrintende orgiasticamente le operazioni inducendo i tentacolari compagni di ventura ad un tortuoso, multiforme, fisicissimo jazz-progressive di rara efficacia e sanguigna risolutezza strumentale; più si procede nell'ascolto più si è soggiogati dal carnale processo di avvinghiamento nel quale viene inesorabilmente sgretolata la nostra (limitata) capacità di discernimento.
Un abbacinante maelström per indefessi estimatori di Area, EL&P e, data la latitudine, Burzum!
Carico i commenti... con calma