Ispirato ad alcuni episodi di cronaca realmente avvenuti, il lavoro di Eli Roth è stato a lungo criticato a causa della massiccia presenza di violenza gratuita ma, nonostante ciò (ma anche grazie a tale polemica), ha registrato notevoli incassi sia durante il suo periodo di proiezione,sia in seguito alla sua distribuzione in home video.

Difficilmente inquadrabile in un solo genere (si spazia, infatti, dal thriller, all'action, al drammatico, allo splatter, al teen movie -soprattutto-), il film ci regala, nei suoi primi minuti, una sorta di videoclip infarcito di luoghi comuni: viene descritto (male) il solito viaggio ad Amsterdam dei soliti ragazzi americani in preda a crisi ormonale e alla ricerca di sesso facile e senza limiti, droga e spasso senza ritegno. Dopo venti minuti di sesso nei bagni delle discoteche, battutine, joint e amenità varie, il registro della pellicola cambia leggermente. Giunti infatti in questo ostello da sogno alle porte di Bratislava, i 3 protagonisti, sedotti da 2 ragazze, precipiteranno in un incubo senza fine: verranno infatti torturati a morte, insieme ad altri giovani, da parte di un'organizzazione che offre a ricchi signori insoddisfatti, in cambio di un lauto compenso, la possibilità di sfogare la propria rabbia e frustrazione incanalandola nelle più disparate efferatezze a danno delle loro vittime.

Non si può non dire che il concept di base non sia valido: il problema è, tuttavia, la sua realizzazione poco soddisfacente e grossolana: innanzitutto il tasso di violenza tanto declamato sembra, a parte un paio di scene, rientrare nella norma e nell'abitudine di qualsiasi episodio di "Saw" o simili, o comunque di film del genere usciti negli ultimi anni. Interessante tuttavia la realizzazione del luogo di tortura, una ex fabbrica dai camini sempre fumanti e permeata di un'atmosfera sporca, degradata e degradante, nonchè claustrofobica. Notevole anche il fatto che ad agire non sia più il classico killer deviato e megalomane, bensì ricchi signori dall'aria anonima se non rassicurante mossi unicamente dal divertimento suscitato dalla tortura. Ai limiti del sadismo è scena delle caviglie tagliate ad una vittima poi lasciata in libertà, improponibile quella dell'occhio della ragazza orientale. Solo uno dei tre protagonisti si salverà, confondendosi tra i carnefici, e metterà in atto, alla fine del film, una spietata vendetta che si colora (anche se di poco) di toni Tarantiniani.

In conclusione un film che si presenta alla sua base come interessante, ma gravemente ostacolato da una realizzazione grossolana e superficiale, oltre che da sovrastrutture assolutamente evitabili e inutili, mirate solo al business. Ma, allora, cosa ha permesso al film di ottenere livelli di incasso cosi elevati? La risposta è semplice: innanzitutto il nome di Tarantino (che qui dà solo il nome come garanzia, ma di fatto non partecipa assolutamente al progetto), scritto sulla locandina in modo più evidente persino del nome del regista; poi si passa ad una campagna di marketing capillare, a colpi di frasi a effetto ed inutili ma efficaci frasi di avvertenza circa i contenuti del film (si sa che ciò che è proibito, vietato o annunciato come non politically correct rende di più), ma soprattutto la capacità di stimolare, anche se di poco, la celata dimensione voyeuristica che è in ognuno di noi.

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