Avete notato il tributo offerto da Pedro Almodovar a Elia Kazan nel celeberrimo "Tutto su mia madre" durante la scena delle prove di una rappresentazione teatrale intitolata "Un tranvia llamado deseo"? Avete notato il medesimo tributo in una puntata di "Sabrina vita da strega"? Si, lo so, dalle stelle alle stalle, ma il punto non è questo. Kazan è stato uno dei registi più influenti di sempre, autore di grandi titoli come "La Valle dell'Eden", "Fronte del porto", "Viva Zapata!".

La grandezza del personaggio e l'atteggiamento reverenziale che molti cineasti ed esperti di cinema portano nei suoi confronti sono strettamente connessi alla sua indole poliedrica che portò Kazan  a manifestare il suo talento nel teatro (anche come attore, soprattutto agli esordi), nel cinema, a Broadway. A lui è attribuita la diffusione ad Hollywood del "Method", ossia il metodo Stanislavskij , il criterio di direzione degli attori tutt'ora in vigore presso altri registi. Il ricordo della sua persona, che si è spenta appena cinque anni fa, sarà sempre compromesso tuttavia dall'attiva e ufficiale partecipazione di Kazan al governo maccartista. Ma questo esula dal discorso. Piuttosto si torni indietro al 1951 anno in cui fa il suo ingresso nelle sale cinematografiche "Un tram che si chiama desiderio". Il film è tratto da un dramma di Tennessee Williams che lo stesso Kazan mise in scena a teatro nel 1947 con gli stessi interpreti tranne Viviene Leigh. Quest'ultima insieme a Marlon Brando, Karl Malden e Kim Hunter costituiscono il cast della pellicola.

L'eroina di "Via col vento" è la vedova Blanche Dubois in visita a New Orleans presso i coniugi Kowaloski, nella fattispecie la sorella Stella (K. Hunter) e il marito (M. Brando). Blanche appare sin dall'inizio come una donna fragile e ancora traumatizzata dal suicidio del marito. Questo non impedisce a Stanley di trattarla con la stessa brutalità che riserva alla moglie. In realtà la protagonista nasconde un torbido passato: è scappata dalla sua città per i suoi scandalosi comportamenti e ha perso la proprietà di famiglia che avrebbe dovuto dividere con la sorella. A quest'ultima racconta una marea di bugie e finge di vivere in condizioni più che agiate. Nel corso del suo soggiorno a New Orleans, Blanche frequenta un amico di Stanley, Harlod alias Mitch (K. Malden) e fra i due sembra stabilirsi dell'intesa. A rompere l'idillio ci pensa Stanley che, dopo aver conosciuto la verità sul conto della cognata, la riferisce all'amico che la abbandona. A tal punto i rapporti fra Blanche e Stanley, già pervasi da un sentimento di attrazione e repulsione, si logorano del tutto e trovano un'apice nella violenza carnale che porterà Blanche alla follia.

Il rapporto fra Blanche e Stanley non è semplicemente una questione di opposti che si attraggono. Ridurre la relazione fra i due personaggi ad una banale rappresentazione della congiunzione fra "rude" e "elegante" sarebbe ingrato. Attraverso l'ottima interpretazione di Brando e della Leigh, lo spettatore riesce a percepire la tesa atmosfera di seduzione che si stabilisce fra i due. Avvalendosi della sensualità dei corpi, di una scenografia che evoca ambienti sordidi, di dialoghi violenti e realistici, Kazan mette in scena la lotta drammatica fra un mondo grezzo e semplice abbruttito dal lavoro e dalla perenne miseria contro un altro asservito al conformismo, che ostenta buone maniere, ma che custodisce una nascosta pulsione verso la più sfrenata orgia dei sensi, è qui che conduce il tram preso da Blanche. Facile intuire che non si tratta neanche di lotta di classe, o almeno non in modo esclusivo: Blanche finge di possedere qualcosa che Stanley non ha e che la porrebbe un gradino più su nella scala sociale.

Il regista sembra assumere una posizione tendenzialmente critica nei confronti della storia e dei personaggi. E infatti sembra possibile scorgere nella follia alla quale va incontro Blanche (più che nello stupro da parte di Stanley) una vera e propria condanna. La donna si insidia nel nucleo familiare dei Kowaloski in modo irruente. Kim Hunter ci offre un ottimo esempio della moglie prigioniera del marito, adoratrice della sua indole protettiva, ma degenerante verso la violenza. Seppure Kim rimane nauseata alla fine della pellicola dal comportamento dello sposo, si qualifica in ogni caso come un personaggio molto più vicino a Stanley che all'erudita sorella. In realtà lo sguardo di Kazan si dispone seguendo una prospettiva obiettiva. Tanto Blanche quanto Stanley desiderano unirsi sessualmente ma per lei significherebbe abbassare il capo dinanzi all'essere che la ha umiliata e mentre lui contraddirebbe l'atteggiamento di odio perpetuato così a lungo. Lo stupro cela queste controversie, permettendo loro di rispettare i ruoli della vittima indifesa e del maligno carnefice.

Nove nomination agli Oscar e quattro statuette incassate da entrambe le interpreti femminili (protagonista e non protagonista) e dall'attore Malden (a Brando lo soffiò Gable). L'importanza di questo dato è relativa. Non contano i premi vinti, non contano le lodi, gli elogi, forse neanche questa recensione. Per fortuna questa volta è il buon cinema a parlare.

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