Mi sono imbattuto in questa band romana quasi per caso, mentre facevo ordine nella mia stanza mi capita fra le mani una loro intervista fatta su una nota rivista Metal riguardante la stesura di quest’album e la triste storia che li accompagnò durante la registrazione di quest’ultimo. Ma partiamo per ordine.

Gli Eligor si sono formati nel 2000 da Jacopo Teodori voce e chitarra, Alessandro Nesci (1985-2003) tastiere, Francesco Ziello batteria e Fossimer, basso. La loro proposta è un black metal melodico di scuola norvegese che trova la sua ispirazione in band come primi Dimmu Borgir ed Emperor. Quest’ album è stato scritto tra l’estate del 2000 e l’aprile 2003, in coincidenza con la morte del tastierista Alessandro avvenuta per mano sua il 21/05/2003.

Alessandro era un ragazzo che sin da bambino soffriva di una malattia incurabile al cuore che lo costrinse per quasi tutta la sua adolescenza a continui ricoveri tra cliniche e ospedali. Verso la fine del 2000 gli comunicarono che non c’era più niente da fare e che la sua malattia sarebbe solo peggiorata e lo avrebbe portato a morte certa. Un peso così grande, un ragazzo così giovane non l’avrebbe potuto mai sopportare ed accettare. Un giorno inviò una e-mail al suo grande amico Jacopo (voce e chitarra) con tutte le parti di tastiera necessarie per completare l’album in questione, più un messaggio di augurio per lui e per la band, dopo di che decise di porre fine alla sua esistenza e al suo dolore lanciandosi nel vuoto.

In questo clima di angoscia e dolore è stato concepito quest’album. Come dicevo prima la loro musica e quasi accostabile con la band di 'Shagrath', ma non pensate minimamente di trovarvi di fronte ad una altra band copia carbone, ma bensì ad una proposta molto personale composta da un lato da un suono più “caldo” e su certi brani dal cantato in latino.
Dopo un "Intro" introdotto dalle tastiere spettrali e rarefatte di Alessandro ci si addentra nel clima sognante di “Immobilis Novembre” testo in latino, prima parte lenta con dei bei riff di chitarra per poi esplodere successivamente in una impetuosa cavalcata in blast-beat. “The Path of Frozen Lakes”, la mia preferita, ha un inizio vorticoso caratterizzato da intricati riff di chitarra, la parte centrale e davvero molto accattivante con chitarre quasi stoppate che intonano riff lenti e maligni ed ovviamente tastiere evocative sempre presenti ma mai troppo invasive o pompose. “Frozen Tears” un brano dinamico vigoroso cattivo e cazzuto con tastiere ad organo liturgico, anche il testo e davvero molto toccante sopratutto l’ultima parte dove cita così: “So die by my hands! The black rain continue wet my corrosend body by pest” (chi ha letto le mie recensioni sa quanto mi piace citare qualche frase) composto esclusivamente da Alessandro Nesci.

Arbor Autumni” dopo un inizio sempre con organo a canne il brano si sviluppa in tutte le sue sfaccettature a tratti epico ed a tratti gotico. Ottimo l’inserto Thrash metal nel mezzo. Sugli stessi toni si mantiene anche il successivo “Southern Shadows” con riff angoscianti e vorticosi che ti rimangono subito impressi e con tastiere da pelle d’oca. La conclusiva “Auster” anche qui il testo è in latino mentre la batteria continua a picchiare le tastiere si abbandonano in veloci arpeggi e la chitarra e un susseguirsi di black trash melodico.
Terminato l’ascolto mi sono sentito soddisfatto perché finalmente ho trovato un band italiana che sa fondere melodia e violenza sonora in maniera così perfettamente amalgamata. Tutto l’album è permeato da questo senso di angoscia e malinconia che però riesce ad ammaliarti dalla prima all’ultima nota. Un’ultima cosa degna di nota e che tutte le parti di tastiera non sono state ritoccate o modificate in studio, per volere di Jacopo in memoria del suo amico, perciò quelle che sentirete sono originalmente suonate da Alessandro. Sul loro sito ufficiale potete scaricare alcuni brani, acquistare, e raccogliere ulteriori informazioni.

L’unica cosa che posso dirvi e di dare una possibilità a questa band che merita davvero tanto.

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