ATTENZIONE: LINGUAGGIO SCURRILE. Attivate il Parental Control. Ebbene si… ascolto Elio. Scrivo questa recensione sapendo che riceverò bombardate di fischi e accuse di avere gusti dozzinali. Beh, ragazzi… I couldn’t care less!

Elio e il gruppo delle storie (troppo p)tese è secondo me il gruppo maggiormente dotato di tecnica sullo strumento esistente nel panorama italiano. Presi singolarmente sono tutti dei fenomeni e, straordinariamente, la loro maestria non è svilita nella musica d’insieme ma, al contrario, riescono ad esaltarsi reciprocamente, valorizzando al massimo le capacità del singolo, strutturando composizioni pressoché impossibili da riprodurre.

Ma ditemi la verità: avete mai sentito qualcuno riproporre una cover di Elio? Io mai e credo che si possa spiegare facilmente il perché. Al contrario “gli” Elio si permettono di fare le cover di tutti (Zappa compreso) e di vezzeggiarle grazie alla facilità colla quale le eseguono. Fare musica che in ultimo risulta demenziale è la logica conseguenza del fatto che sanno suonare tutto di tutti gli stili e al meglio. D'altronde cosa potrebbero suonare diversamente? Del jazz, forse, ma si stuferebbero, non sono esibizionisti (o forse si?) in quella accezione del termine “esibizionismo” che tutti conosciamo come dimostrazione di tecnica.

Agli Elio rimprovero di essere talmente sicuri di se da sfociare a volte nell’arroganza e nella volgarità più banale. Arroganza e volgarità si mescolano, infatti, in questo loro ultimo disco assieme a trovate geniali, finendo con lo sminuire un poco la brillantezza colla quale trattano argomenti spinosi. La leggiadria dei testi e l’affascinante e mai banale struttura dei pezzi è ammirevole. Ma a volte, la capacità di auto-limitarsi è sintomo di eleganza. Credo che sia sufficiente vincere, non devi assolutamente stravincere. Elio stravince.

Anche in questo disco gli Elio ci dicono che sono loro i migliori (e di gran lunga), che sono i più bravi, che fanno le cose più “pese” da suonare. E lo fanno a volte con eleganze (il batterista Mayer è mostruoso), a volte con arroganza, a volte con supponenza. Elio se ne fotte, lui prende per il culo tutto di tutti. Senza pudore, senza falsa ipocrisia. Ed è questa la cosa che preferisco, sia nella loro musica che nei testi: il non accettare mezze misure, il non nascondersi dietro falsi proclami.

Rimarranno confinati all’interno del perimetro nazionale per sempre, ma a loro non credo interessi molto. 13 tracce sboccate, blasfeme, ipertecniche, vigliacche, profane, irriverenti, mistiche, lisergiche, ballabili, sincrone ed asincrone… come al solito c’è di tutto e di più, passi dal latino-americano all’hard senza soluzione di continuità. Ci sono degli incastri impensabili di batteria e basso. Dei controtempi sui quali è impossibile suonarci sopra, eppure Faso, Cesareo e Rocco Tanica ci ricamano sopra come se fosse la cosa più facile di questo mondo.

Questo disco (come i precedenti) richiede di essere accettato così com’è, senza compromessi. Elio ti piace o non ti piace, punto e basta. Lui non ti prega di ascoltarlo ma si incazza se ascoltandolo ti scandalizzi. Ma attenzione: aiuto sta arrivando Shpalmer, che shpalma la merda in faccia, devo scappare! E poi perché c’è un cartello di ricchioni che ha deciso che l’anno scorso andava il rosso e oggi il ble’? Sicuramente dobbiamo pregare Cicciput, l’angelo dei soldi. E se fossi figo ammirerebbero i miei capelli, che sono finti ma molto belli. E basta rubare i sassi dalla Toscana: sapete che questo anno la Toscana è al di sotto della sua toscanità di 52 metri? Non portare via i sassi dalla Toscana perché altrimenti non sapremo più dov’è la Toscana… Non avete capito le ultime frasi? Ascoltate il disco…

Carico i commenti...  con calma