Prima o poi arriva per tutti. Il momento dei bilanci, di trarre conclusioni, di mettere la parola fine a un ciclo per iniziarne un'altro.
C'è chi ne ha fatti ben tre (Queen), chi ne ha fatti capolavori a se stanti, chi lo fa quasi ogni Natale per metter su la tredicesima... potevano mancare gli Elii all'appuntamento col GH????? Of course not e l'ineffabile monociglio ci omaggia con questo "Meglio del loro meglio vol 1" (inesorabile preludio a un vol 2, minaccioso avvertimento.... prima o poi ce ne sarà un altro perciò attenti.....).
Un calderone ribollente di tutto il meglio (o peggio) che la band lombarda ha saputo fare dagli inizi (più o meno) fino al 1997, anno di release di questa prestigiosa compilation. In perfetto stile eliano, dai gustosi intermezzi tra una traccia e l'altra (sai chi ti saluta un casino??? STO CAZZOOOOOO! AHAHAHHAHAH!!!!) alla copertina, a metà tra un disco degli Abba e la copertina di "E tu" del buon Baglioni.
Elio sa di avere in canna dei colpi letali e li spara tutti uno dopo l'altro, senza dar tregua allo sfortunati che si appresta a compiere un viaggio demenziale in questa mente contorta ma geniale. Si inizia con "Born to be Abramo" (inedito), guest star l'originale Patrick Hernandez per l'occasione tirato fuori dalla naftalina in grande spolvero. Il brano altro non è che la cover di "Born to be alive" dello stesso Hernandez, risuonata e arricchita alla Elio, raccontando l'indecisione del profeta Abramo sul seguire o meno la "Parola di Jahvè". Dopo non si scherza più, partono i grandi classici.
Storie tristi, come quella dell'astronauta che in preda a scismi bellissimi dentro di sè si è fatto la cacca nel moderno scafandro e adesso non sa come disperdere nel cosmo queste cellule di materia in putrefazione, oppure caustici ritratti di uomini-zerbino schiavi della ghiandola mammaria incapaci di ribellarsi alla stronza di turno che li usano ma poi si fanno infilare in bocca tre metri di lingua (la lingua dell'amore) da un Furio Terzapi qualunque. Con quella faccia da sfacciottino di papà Barzotti....
"Tapparella" è la cronaca di una triste festa delle medie, l'invitato scopre che sul bicchiere non c'è il suo nome, non c'è amicizia nè simpatia, chiede Fonzi e gli danno avanzi e non può neanche giocare al gioco della bottigia, Cristo, perchèèèèèèèèèèèè????? Ovviamente degne di una nota "Pippero" (coro delle voci bulgare che uniscono dita e ruotano falangi stringendo amicizia con persone col colore della pelle diversa dalla loro) e "Supergiovane", apologia di un giovane supereroe (Mangoni -sic- ) che si batte contro i matusa (Abatantuono), sacrificando le sue Tepa per salvare (inutilmente) la vita dell'amico Catoblepa caduto nel tranello del Governo, una vasca di analcolico moro.
"John Holmes" celebra il padre di tutte le patatine sgranocchiate da Rocco Siffredi, infatti ci insegna che anche se da piccolo tutti ti scherzavano per le dimensioni del tuo pene, fai come John, non perderti d'animo e da grande potrai anche comprarti la moto. Ovvio, devi sempre possedere trenta cm di dimensione artistica (frase entrata nel mio gergo quotidiano) altrimenti le cose si complicano. Non può mancare l'affresco tricolore della "Terra dei cachi", così come "Abitudinario" (se anche voi in ascensore vi soffiate il naso e poi controllate quello che avete prodotto, quanti chili pesa e se c'è pericolo per l'ascensore stesso non lo criticate, siete come lui) e una rivisitazione live di "Cara ti amo", in cui Elio dà prova di tenorili capacità vocali nel raccontare la storia di due amanti che non si capiscono tanto.
"Alfieri" è un pezzo che (recita il libretto) fu registrato durante un live non mi ricordo dove e non so quando e mai più eseguito e mai prima pubblicato. Una filastrocca in quattro quarti in cui i quattro alfieri del bel canto al soldo dell'uomo del giappone si presentano al pubblico con nonsense (d'altronde abitando tra Loreto e Turro, quando son contento... vabè).
Volutamente lasciata alla fine la traccia 6: "L'eterna lotta tra il bene e il male", mai sentita prima (da me) e subito amata. Atmosfere orientaleggianti, inno alla mistica India, terra di santi indiani, poeti indiani e navigatori indiani.... ma poi una voce irrompe da una segreteria telefonica, una donna accusa Elio e gli altri musicisti dei suoi stivali di essere "un uomo di merda come la voce che canti" e di averle rovinato un figlio con quelle sporche e luride canzoni. In sottofondo a quattro minuti densi di insulti un mantra che ripete "Very good, very bad". Da ascoltare quando ce l'avete talmente tanto con qualcuno da scatenargli contro la terribile sciura. Suonato in stile Elio (da dio), arrangiato in stile Elio (magistralmente), con una tracklist in stile Elio (per ridere e per riflettere sulle nubi di ieri del nostro domani odierno)... che dire di più?
Da avere come punto di partenza per scoprire in toto un artista unico nel suo genere, per rintracciare le opere di origine dei brani e trovare tante piccole peerle che qui mancano (che nostalgia quel boschetto della mia fantasia con quel fottìo di animaletti un pò pazzi che mi fanno ridere quando sono felice, triste e anche medio....) .....e attenti che Rigoletto dice una gran bella frase.....
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