Eravamo come mai nati. Depennati dalla lista delle cure anche dagli affetti più cari. Per fortuna. E' bastato scollegarsi un attimo da mamma e papà e abbiamo capito cosa eravamo, almeno in quegli anni. Baffetti accennati, brufoli senza soluzione (di continuità per alcuni), un cba Gilera e un Sì per circa quindici persone. Età da non consentirne la guida. Città al centro, mare di fronte, uliveti e agrumeti ai lati, montagna alle spalle. Eravamo liberi di goderci il nostro angolo di niente.

Un giorno, poi, arriva uno che s'era fregato la vecchia vespa del nonno. Avevo la zampa scorticata perchè non era riuscito a schiodarla dal cavalletto in maniera pratica. Stava ferma da un po' tra le ruggini. Capii il perché quando ci mettemmo in moto: prima da 0 a 20 km/h, seconda da 20 a 15 km/h, terza da 15 a 10 km/h, la quarta era per spegnerla. E così andavamo di prima, in un rombo assordante e ridicolo, a fare una specie di enduro tra i taglienti muretti a secco che costeggiavano sentieri pieni di sassi e ben scavati dalle piogge. Ai lati alberoni secolari e profumo di zagara. In testa un cielo apertissimo rassegnato tanto da non scoraggiarci neanche con la pioggia: sapeva che avremmo osato lo stesso. Ci seguono gli altri due. Un motorino cade. I due si riprendono subito, a parte qualche escoriazione tutto ok, entrambi in moto di nuovo. Dallo specchietto vedo il conducente che prende fuoco dopo poco. Fuoco dalla pancia. Era caduto sopra il motorino, con la trippa sulla marmitta rovente. Risate e sputazzate per spegnerlo. Per fortuna si può ancora continuare. La cosa più bella della vespa era il mangianastri attaccato con lo scotch da imballaggio (da ora in poi sparatrappo marrone) sul manubrio. Quel giorno il mio amico passava una cassetta con tante canzoni sceme, rubato (perché mai chiederlo?) al fratello poco serio musicista polistrumentista di gran qualità. C'erano queste canzoni di Elio e le Storie Tese.

Mi ricordo di un ricordo (per citare sempre Elio/Studentessi), ovvero di quando mi trovai di fronte Esco dal mio corpo ed ho molta paura. Un cd, cartonato, pieno di menate visive che mi hanno fatto perdere il controllo del riso (anche a casa, con la pentola sul fuoco) davanti all'esimio negoziante (di cui alla rece mia sui The Dead Weather). Mi fa:"Cazzo ridi?" e io gli faccio "Cazzo, senti!". Lo mette su e il negozio prima si svuota, poi si riempie. Anche lì una manica di coglioni senza alcuna voglia di invecchiare bene, entra a tributare il giusto omaggio a questo delizioso lavoro in cui "ci sono dei brani (vecchi), alcuni più belli e alcuni meno belli. Essi ci vengono chiesti tutte le volte di suonarli, ma, noi non li suoniamo mai. In questo disco li abbiamo, invece, suonati, facendogli omaggio a chi ce gli ha chiesti ma non c'è Alfieri. Li dedichiamo a quelli che ci ascoltavano nei posti piccoli e hanno le cassette, di Borgomanero. C'è anche, poi dopo, un po' di cose più veramente vecchie dagli archivi segreti fra cui la canzone Elio e altre." Sempre per citare gli Elii.

Gli stessi ci parlano di frizzante attualità ed infatti è così. La frizzante attualità fa ridere un coglione in sella a una vespa invertita e fa levare le mani dal manubrio al parasuonatore alla guida. La frizzante attualità è musica avanti, di tutti i generi: in questo album c'è davvero l'iradiddio dalla canzonetta italiana al rock duro, dal punk al reggae, dal jazz al blues. Soprattutto, c'è una sorta di comunismo intellettuale cattivo e sfrontato che irride le posizioni sociali più condivise su temi d'interesse pubblico, mescolato a un po' di malsana cazzonaggine nonsense, ma neanche tanto.

Praticamente si va da (Gomito a gomito con l')Aborto a Catalogna (ad un concerto a Milano gliela richiesi veemente ma Elio mi diede dello juventino...) in una serissima pazzia che io non accosterei alla demenzialità. Se è vero che i pazzi hanno qualcosa da dire, in questo caso ci troviamo davanti a pazzi e non dementi. Il germe dell'intuizione dell'allegra banda (che all'epoca si definiva anche prima nel suo segmento!) stava in tanti lavori sbatacchiati qua e là e poi rimessi insieme, ad esempio, da un'operazione del genere. I nostri hanno suonato chiusi con del pubblico invitato appositamente per l'occasione, le gesta narrate in questi pezzi dall'equilibrio precario, registrando in men che non si dica questo lavoro di recupero. Giustissimo così.

Dotazione tecnica musicale pazzesca, testi sacri (e profani), capacità performative indiscutibili (ancora oggi). Insomma un gran gruppo che aveva capito come mettersi il culo in faccia anche per lavarselo più comodamente. E con i culi al posto delle facce gli Eelst buttano in caciara qualsiasi cosa l'oggi (ormai ieri, quindi io ora sono vittima delle nubi di ieri sul nostro domani odierno) gli offra in pasto. Se dici "cacca" loro ci fanno un tip tap, se dici sesso (nel senso di cosa hai tra le cosce) loro ti tirano fuori un Né carne né pesce, buono come un primo, secondi, contorni, frutta, dolce, caffè e ammazzacaffè da Tonin' u vrettu in un posto che vi sconsiglio di visitare. 

Quindi perché ho attaccato la recensione con i ricordi di quando ero alle prime seghe mo ve lo spiego subito:  non lo so. Però, il fatto che certa musica ti faccia ricordare che hai sbagliato tutto nella vita, bé (!), manda a puttane la stessa idea di te stesso in quanto uomo rappresentante di una specie di cui fanno parte anche molti rappresentanti che vendono cazzi finti. E a me piace quando tutto, anche io, va in mona.

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