Per me Elisa era una come tutte le altre. Che differenza c'era tra lei, Giorgia, Irene Grandi o Carmen Consoli? Nessuna. Tutte delle normalissime cantanti, brave sì, ma per me formavano un gruppo omogeneo, quasi senza valore. Una di queste "tante" riuscì a farmi cambiare l'idea che mi ero fatto su di lei. Estate 2005. La prima volta che ascoltai Una poesia anche per te rimasi di stucco. Sentivo nella canzone qualcosa di diverso dall'ordinario. Pianoforte, archi e batteria. Tutti concentrati in un'unica melodia, dolce, nuova, melodiosa. Quella canzone durava poco più di 5 minuti. Aveva un testo molto lungo, che aveva lo stesso senso e dava gli stessi brividi sia letto dalla fine all'inizio sia dall'inizio alla fine. Non conteneva le parole cuore o amore, ma di loro parlava. Senza nominarle. Si sentiva che Elisa ne era l'unica autrice, sia del testo che delle melodie: si sentiva che tutto quello che aveva scritto era assolutamente vero, reale, bello. Ma la cosa che mi colpì di più non fu il ritornello, non furono le strofe, ne tantomeno il testo: furono quei 15 secondi di poesia, quei 15 secondi di estasi che andavano dal minuto 3.38 al minuto 3.52. 15 secondi di voce, di bravura, di capacità interpretativa e di sonora bellezza. Da quel giorno amai Elisa. Tuttoggi considero questa canzone una delle più belle del panorama musicale italiano, una rara perla, un miracolo. Ancora oggi, per fortuna, abbiamo nel nostro paese artisti di questo calibro. Elisa aveva scritto una canzone che sarebbe entrata a far parte della mia vita, senza più uscirne, una canzone intima e sincera. Grazie di averla scritta.
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