Nel 1981, Norman Granz, produttore di Ella Fitzgerald e fondatore della casa discografica Pablo nel 1973, nonché l'uomo, a mio parere, che più di tutti ha promosso il jazz nel mondo, scrive una nota all'album "Ella abraca Jobim" dove esprime il suo personale amore per quest'album che lui considera essere "il migliore della Fitzgerald, il più emozionante ed esplosivo". Ma purtroppo l'album non ebbe un forte riverbero. Ella Fitzgerald, ancora oggi, è ricordata per le grandi interpretazioni dei songbook di Cole Porter o soprattutto di George and Ira Gershwin ma non per questa interpretazione, forse minore, del songbook di Antonio Carlos Jobim. Forse perché negli anni '80 la musica sta cambiando aspetto. Sono gli anni in cui Tom Waits cambia completamente rotta, iniziando a sperimentare nuove forme stilistiche (ricordo il bellissimo "Rain Dogs" del 1985). Sono gli anni in cui si afferma il talento di Nina Simone, in cui si fa strada una new wave pop (The Cars, Blondie, Ultravox, Culture Club, Tears for Fears, The Smiths, INXS e chi più ne ha, più ne metta). Sono gli anni in cui si consolida la disco music, chiudono i cosiddetti "night", e il jazz prende un'altra direzione, diventa smooth-jazz, diventa funk, raggiunge il massimo dell'evoluzione la "fusion" (che alcuni sostengono sia stata creata, forse involontariamente, da Miles Davis).
Senza divagare ulteriormente, il nostro Norman Granz, sfruttando la sempre brava Lady Ella, produce "Ella abraca Jobim" avvalendosi della presenza di un grande percussionista, Paulinho da Costa, e di ottimi musicisti. Esce l'album e presenta una particolarità : "Ella abraca Jobim" non è un album propriamente jazz. E non è neanche un album di bossanova. E un album che si potrebbe definire pop dalle venature jazz, bossa, funk.
Quindi i tempi sono cambiati anche per il grande Norman Granz, storico produttore di jazz (nell'accezione classica), che, con quest'album, mescola la scuola di samba di Rio e di Bahia con i suoni americani del soul e del funk. "Ella abraca Jobim", soggettivamente, non convince del tutto. Ci sono dei classici interpretati in maniera egregia come "Garote de Ipanema", dove i musicisti dimostrano effettivamente il loro valore avvalendosi della prestigiosa voce di Ella Fitzgerald che, quasi verso la fine, si dedica ad un coinvolgente scat. E sono bellissime le riletture di "Favela", "Wave", "Desafinado", e particolarmente suggestiva è la versione di "Dindi" con Toots Thielemans all'armonica, pervadente, struggente, la vera e propria letizia dell'album. Ma, a mio avviso, sono anche tanti gli episodi non del tutto riusciti come "Dreamer", "Agua da beber" che pecca di una poco incisiva interpretazione, "He's a carioca" che diviene funk per l'occasione ed è oggetto di una brutta rilettura, "One note samba" che diviene una bellissima versione per piano bar e night club cesellata da un simpatico "elliano" scat.
In definitiva, "Ella abraca Jobim" è un album particolare ma non è assolutamente il migliore della produzione Granz. Ed è un album in cui Ella, di certo, non utilizza al massimo la sua estensione vocale. Non è un album necessario ma è figlio dei cambiamenti musicali degli anni '80 e, solo per questo, merita un ascolto attento.
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