Da quando lo ho conosciuto io ho uno strano rapporto con la musica di Elliott Smith.
Per un periodo mi trovo ad ascoltarlo intensamente.
Poi per quasi un anno me lo scordo del tutto per ascoltare tutt’altro.
Infine un bel giorno ci ricasco nuovamente, e la stanza della mia musica solitaria si riempie di una atmosfera che non so definire.
Come se tutta la malinconia del mondo mi venisse a trovare, quando certe sue canzoni in particolare bussano alla mia porta.
Vederlo live su YouTube, poi, cosa che di solito faccio una volta ripreso ad ascoltarlo, è un esperienza non facile… Colpisce il modo in cui si presenta al pubblico, timido, come se arrivasse ad una festa a cui nessuno lo ha invitato, ma poi le sue mani sulla chitarra cominciano a volare, la voce insicura, da brezza serale appena alzata, fa il resto..
Ho scelto un suo disco .. che poi è l’unico che ho in originale, secondo me il suo migliore, perché contiene la sua canzone che amo di più.
Ed è anche quello più intriso, cosa rara nella sua musica, di speranza e serenità, prima di vederle voltargli le spalle per sempre.
Mi è venuta fuori questa specie di recensione-lettera (che alla fine non è nè l'una nè l'altra) a lui indirizzata, in “versi” sparsi..
Cantante “casa sull’albero”, come va lassù?
Suoni ancora quelle tue canzoni?
Quelle canzoni come composte al telefono dopo che dall’altro lato del filo è stata messa giù la cornetta?
Le corde della tua chitarra carezzano ancora le foglie autunnali come facevi un tempo?
Cantante di melodiose nostalgie anni 60/70, con i Beatles nel cuore.
Ogni tanto, così per caso, ti vengo ad ascoltare, lucente lacrima di un’America distratta di inizio millennio.
Portami lassù, anche quando, le campane a festa, senti che hai voglia per una volta di sorridere e danzare, gli altri ti perdoneranno.
Non mi ricordo spesso di te, ma forse il segreto è tutto qui.
Droga ed alcool tuoi testimoni di nozze con una vita difficile da sopportare.
Le tue parole alla luce del sole e quelle, in solitudine, sussurrate ad una luna mandata alla fine a dormire con un coltello piantato nel petto.
Il tuo ultimo messaggio in segreteria, il tuo saluto, senza parole, che ha lasciato gli altri, per una volta, appesi all’altro capo.
Senza essere mai riusciti a capire davvero di aver parlato, in sottofondo la tua splendida musica, con un indimenticabile, solitario, umanissimo cuore in esilio sul lato sbagliato dell’amore.
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