Il lungo addio
L'amore è strano. Si può amare una donna, un'idea, una terra, una parola, un ricordo, un'immagine, una canzone, ma anche l'anima di una persona mai conosciuta se non attraverso la sua arte. Apparentemente sembra poco, ma non lo è. Conquistare un cuore è sempre un'impresa difficile. Così posso dire di aver amato l'anima e la sensibilità di Elliott Smith, perchè attraverso le sue canzoni, la sua arte era possibile intravedere tutta la sua delicatezza cristallina, limpida come uno specchio d'acqua lievemente increspato dal vento. Ma sotto l'acqua c'era buio e tormento. Elliott era una lucente malinconia, il suo cuore un universo di stelle, per questo mi conquistò facilmente, senza bisogno di un lungo assedio.
Oggi, però, ascoltando la sua musica le mie sensazioni sono più confuse, perchè mi è impossibile separare l'arte di Elliott dalla sua tragica fine, avvenuta appena un anno fa. Il rimpianto è enorme. Non mi è facile, quindi, parlare di questo disco postumo appena pubblicato. So che era un progetto su cui Elliott aveva lavorato a lungo e che può di fatto essere considerato un lavoro completo, solamente da limare. Ma in verità mi ha un po' infastidito il "tempismo" di questa pubblicazione nel primo anniversario della morte. Però c'è dell'altro. A volte ascoltandolo non riesco a trattenere la rabbia. Non riesco proprio ad accettare che Elliott non ci sia più, quando aveva così tanto da raccontare, da donare. "From A Basement On The Hill" ne è la prova. E' un disco splendido, che si rilascia dall'inizio alla fine, mantenendo intatta tutta la sua intensità tra ballate, chitarre acustiche e frammenti elettrici. Un lungo respiro. Sorprende la sua capacità di emozionare e lacerare nello stesso tempo. Sì è un disco bellissimo, che però riesce a farmi star male, perchè è l'epilogo amaro di un'anima tormentata. Perchè mi sento un po' in colpa nel provare emozioni da una voce che nessuno potrà mai udire se non proveniente da un dischetto di plastica. E continuo ad ascoltarlo e riascoltarlo, non posso farne a meno, così come non riesco a non pensare che vivere costa, non è facile. E gli anticorpi per questa assurda, meravigliosa e orribile malattia che è la vita non sono presenti in tutti. C'è chi non riesce a farna a meno, anche pagando il costo di soffrire come un cane giorno dopo giorno, chi invece non ce la fa a vivere il suo inferno sulla terra, svegliandosi ogni mattina senza sapere come arrivare al tramonto, senza una ragione. Ma perchè è così difficile?
Dammi una sigaretta, sì una sigaretta. Lo so che ho smesso, ma adesso voglio una sigaretta. Perchè non me ne frega niente. Voglio fumarla rabbiosamente, nervosamente, finchè non diventerà un tizzone. E il vento la fumerà con me, si consumerà in fretta. L'ultimo tiro un po' amaro per il filtro bruciacchiato è quello che fa più male, dicono, ma sarà anche il più bello. Prima che si spenga del tutto la getterò via e osserverò quella piccola parabola luminosa che disegnerà in aria. E dopo abbracciami, perchè ne avrò bisogno.
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