Dopo lo scempio di "Ice On Fire", si prospettavano tre possibilità per l'anno 1986: 1-tirare una bella riga sul synth pop e cambiare completamente stile, ma con un Elton John ormai ridotto in pessime condizioni dalla cocaina e dalla depressione era praticamente impossibile. 2-tenersi a debita distanza dalla sala d'incisione e disintossicarsi, l'opzione più saggia che verrà seguita solo qualche anno più in là. 3-incidere un nuovo disco sulla scia del precedente. Purtroppo è stata quest'ultima possibilità ad avverarsi, con esiti assolutamente nefasti e catastrofici: "Leather Jackets" nella carriera di Elton John è il Ground Zero, la Caporetto, il Nadir, l'abisso più profondo da cui per fortuna non si può far altro che risalire.
"Leather Jackets" è un album molto difficile da recensire per il semplice fatto che è anche un album molto difficile da ascoltare, che in 45 minuti riesce a concentrare tutto il peggio di "Ice On Fire" sublimandolo con melodie e arrangiamenti inesistenti, testi insulsi e un Elton John mai così fiacco e svogliato anche a livello vocale e così, tra lentacci monocordi e sbrodolosi che paradossalmente si rivelano gli episodi "migliori" dell'album come "Gypsy Heart", "Memory Of Love", "Slow Rivers" o "Hoops Of Fire" e canzonette che sembrano uscite dal peggior incubo-revival pacchiano degli anno '80 come "Go It Alone" e l'orrida titletrack "Leather Jackets", che apre l'album nella peggior maniera possibile si consuma l'atto finale della deriva di colui che compose "Tumbleweed Connection" e "Madman Across The Water". Menzione speciale per le collaborazioni con Cher ("Don't Trust That Woman"), e il Sound Volcano dei Queen ("Angeline"): davvero difficile stabilire quale delle due sia più grottesca e inascoltabile.
Giustamente snobbato dal grande pubblico e ferocemente spernacchiato dalla critica "Leather Jackets" rimane il peggior album di tutta la pluridecennale carriera del pianista di Pinner (per sua stessa ammissione), ben più del tanto vituperato "Victim Of Love", che sarà pure stato una boiata a livello di immagine ma di certo non trasmette all'ascoltatore la sensazione di spiaggiamento, vuoto cosmico e narcolessia di cui è intriso questo sciagurato album dal 1986, che se non altro contribuisce a sconfessare il luogo comune secondo cui la droga aiuterebbe ad accrescere la creatività dei musicisti. Altri pregi, in questo album, non ci sono proprio.
Carico i commenti... con calma