Due album in studio assolutamente disastrosi, un'operazione alle corde vocali che avrebbe potuto stroncagli definitivamente la carriera, problemi di dipendenza dalla droga sempre più preoccupanti, un matrimonio mestamente naufragato e, come se non bastasse, la retrocessione del suo amato Watford FC: il Reg Dwight del 1987 non ha proprio più niente da perdere: è un pugile messo all'angolo, una volpe ferita, un artista per tutti ormai spacciato che, per allontanarsi dalle difficoltà del presente si immerge nella gloria del suo passato: questa chiave di lettura è fondamentale per capire appieno questo live registrato a Sydney con la Melbourne Symphony Orchestra: la scelta dei brani sembra assolutamente studiata ad hoc per un periodo del genere, ogni singola nota, ogni singola parola dei testi di Bernie Taupin riflette alla perfezione il momento a livello umano e personale vissuto da Elton John in quel periodo, dando così vita ad un live amaro e di struggente bellezza, senza dubbio il punto più alto raggiunto da EJ nei suoi tormentati anni '80.

Scorrendo la scaletta, una delle prime cose che salta all'occhio, a riprova di quanto affermato in precedenza, è la presenza di ben sei canzoni provenienti dall'album più scuro di tutta la carriera di EJ, l'omonimo del 1970; in primis "Sixty Years On":  voce roca e tormentata, orchestrazioni avvolgenti, una melodia ipnotica e maestosa e un testo intriso di malinconia e rassegnazione per capire fin da subito l'aria che si respira in questo live, ma anche la meravigliosa e sottovalutata "I Need You To Turn To", con la sua fluida cadenza da ballata medievale, "The King Must Die", riproposta in tutta la sua cupa e teatrale drammaticità, la dolcissima e melanconica "The Greatest Discovery" e ovviamente una "Your Song" che parte quasi in sordina per acquisire forza in un climax emozionale di grande intensità; queste sono le canzoni che disegnano lo stile di "Live In Australia"; le altre lo seguono, si modellano e si amalgamano fino a formare un unico discorso; "Sorry Seem To Be The Hardest Word", fedelissima all'originale con un tocco di disperazione in più, "Tonight", che con la "nuova" voce di Elton John perde il suo lato melodrammatico risultando più diretta, amara e quasi aggressiva nelle sue parti cantate, un capolavoro misconosciuto come l'incalzante, movimentata e imprevedibile "Have Mercy On The Criminal", che parla di un uomo solo, braccato e in fuga dalla legge, con le spalle al muro proprio come l'Elton John di quel periodo, un monumento alla Musica come "Madman Across The Water", qui molto più nitida, più incombente e meno sfumata che nella versione in studio; persino "Tiny Dancer" perde parte del suo appeal leggero ed etereo per sporcarsi di pathos e "Candle In The Wind", proprio in un live orchestrale, si spoglia del suo sontuoso arrangiamento per rivelarsi nella sua essenza più intima e amara; "Don't Let The Sun Go Down On Me", riproposta fedelmente all'originale, è di conseguenza la conclusione più logica, la migliore, l'unica possibile per questo meraviglioso e irripetibile concept-live.

E così, se gli album "Ice On Fire" e "Leather Jackets" sono quanto di peggio mai prodotto dal pianista di Pinner e i successivi "Reg Strikes Back" e "Sleeping With The Past" sono indubbiamente buoni ma non memorabili, "Live In Australia" è invece un'opera d'arte unica nel suo genere: l'orchestra sinfonica è una meravigliosa attrice co-protagonista; Elton, il suo piano e la sua nuova voce roca e graffiante le star indiscusse, che reggono la scena con classe immutata nonostante tutto. Il lato più pop e spensierato di EJ non è assolutamente contemplato, quello più rock, fatta eccezione per "Take Me To The Pilot" e la pirotecnica "Burn Down The Mission" è quasi assente; quindi non si tratta di un live rappresentativo di tutta la carriera e di tutto il range stilistico del Nostro, ma bensì una meravigliosa istantanea, un insieme armonico di canzoni, musica e parole per fotografare un momento, e proprio per questo irripetibile.

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