"If it came to pass that they should ask
What could I tell them?
Would they criticize behind my back
Maybe I should let them
Oh if only then and only then
They would understand
They'd turn a full-blooded city boy
Into a full-blooded city man"
..Se accadesse che mi chiedessero
Cosa potrei dire loro?
Mi criticheranno dietro le spalle
Forse dovrei lasciarli
Oh se solo e soltanto dopo
Capirebbero che
Hanno trasformato un ragazzo purosangue di città
In un uomo purosangue di città..
Probabilmente Elton John con questo Lp intitolato "Madman Across The Water", datato 1971, dà alla luce il suo capolavoro assoluto, dopo gli eccellenti "Elton John" e "Tumbleweed Connection", suoi lavori precedenti.
Circondato da session-men di altissimo livello (uno su tutti, un giovanissimo Rick Wakeman), Elton descrive l'America di quel periodo - e quella del passato nel brano "Indian Sunset", che parla della distruzione della tribù degli Iroquois - con poche, decise pennellate di vernice. Quello che rende il tutto così interessante e magico, in questo disco, è che il colore e l'intensità con cui vengono dipinte le nove scene che lo compongono riescono davvero ad incantare l'ascoltatore; tra innumerevoli giochi di luce, improvvisi cambi di tempo, melodie perfette ed arrangiamenti geniali che trasportano inevitabilmente, inesorabilmente, in una sorta di universo parallelo.
Ad un primo ascolto si potrebbe restare spiazzati, in quanto i pezzi possono risultare fin troppo intimisti e oscuri, complici i cupi arrangiamenti dell'immenso Paul Buckmaster e i testi di Bernie Taupin, che dietro metafore a volte indecifrabili lascia alla voce intensa e versatile più che mai di Elton il compito di svelare, senza probabilmente accorgersene, ogni piccolo arcano; probabilmente perché solo Taupin scrive i testi (Elton non ne sarebbe minimamente capace), ma è poi il pianista inglese a trasformare, con le sue intuizioni melodiche e le sue perfette costruzioni armoniche, ogni testo scritto su carta in una creatura del tutto indipendente. Rarissimamente prendendone spunto per citazioni autobiografiche, ma molto spesso per trasmettere all'ascoltatore tutti i suoi dubbi, le sue incertezze, i suoi colpi di genio (lo straordinario crescendo melodico di "Levon" e "All The Nasties", la struggente e pianistica "Razor Face"); un certo gusto per un rock decisamente personale ("Rotten Peaches"); l'amore viscerale di Elton per il gospel, per la ballata d'amore, per il blues, tutte peculiarità della sua musica, della sua personalità maniacale, della sua inesauribile vena creativa fino al suo primo disco "alla cocaina", quel "Rock Of The Westies" del 1976, spartiacque tra due epoche completamente diverse.
La titletrack, la canzone forse più eterogenea dell'album, forte di una lunga parte strumentale che ripete quasi ossessivamente gli accordi di pianoforte e chitarra dell'intro, ha un testo che si presta a diverse interpretazioni: è forse il pezzo più ostico dell'album. Il brano doveva in realtà comparire sull'album precedente, in una versione con il grande Mick Ronson alla chitarra, che poi fu ufficialmente presentata al pubblico nel doppio "Rare Masters", nel 1991.
Il pezzo che chiude l'album, "Goodbye", pianoforte e voce, ha come tema principale l'addio, ed è decisamente evocativa nei versi:
"I'm sorry I took your time
I am the poem that doesn't rhyme
Just turn back a page
I'll waste away, I'll waste away..."
La romantica "Tiny Dancer" è stata riportata in auge grazie alla colonna sonora di "Almost Famous", in una memorabile scena corale di questo film che ha fatto riscoprire, specialmente alle nuove generazioni, la bellezza indiscutibile di questo Lp che, in parte, è una dichiarazione d'amore di Elton verso l'America, il Paese che lo ha lanciato, "out of the blue", verso una irripetibile carriera.
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