Negli anni '60 aveva vivacchiato senza successo nel sottobosco musicale britannico, nei '70 era diventato una star a livello planetario, scrivendo molte delle pagine più belle della storia del pop contemporaneo, negli '80 aveva dovuto combattere contro i suoi demoni, come dimostrano gli esiti incerti e molto altalenanti della sua musica in quella decade, nei '90 ha lasciato che la cornice soffocasse il quadro, che il personaggio prendesse il sopravvento sull'artista, ma ci ha regalato due perle come "The One" e "Made In England" e finalmente, all'alba degli anni '00, quello che probabilmente sarà il suo ultimo decennio da "recording artist" a tutti gli effetti, Reginald Kenneth Dwight riprende in mano la situazione, decide di lasciare per un attimo da parte le comprensibili stravaganze da grande artista ormai arrivato e rituffarsi a capofitto nell'arte di comporre canzoni: il risveglio del vecchio leone mai del tutto sopito è "Songs For The West Coast" del 2001.

"Songs From The West Coast" è un album abbastanza semplice; un album di canzoni, di belle canzoni: è diverso da "Made In England" ma altrettanto bello, altrettanto personale ed è un album di grande caratura qualitativamente parlando: in "Songs From The West Coast" non ci sono canzonette spaccaclassifica e insulsi motivetti da spot televisivo: gli arrangiamenti fungono da semplice accompagnamento, l'elettronica è definitivamente bandita e i protagonisti assoluti sono Elton e il suo piano, che disegnano melodie accattivanti e al tempo stesso raffinate, da ascoltare e apprezzare in tutta calma, senza fretta, dai toni caldi e confidenziali della riflessiva e retrospettiva "The Emperor's New Clothes", che può quasi essere considerata un'anticipazione di "The Captain And The Kid" e di "Black Diamond", con Stevie Wonder all'armonica come ai tempi di "I Guess That's Why They Call It The Blues" ad uno dei più incisivi piano-rock degli ultimi 30 anni di carriera del Nostro, "The Wasteland", in cui viene rievocato il fantasma del bluesman Robert Johnson, passando per il country dal retrogusto agrodolce di "Birds", il pop di fattura artigianale tipicamente eltoniano che si esprime nella leggera "Look Ma No Hands", nella passionale e trascinante "I Want Love" e nella nostalgica e dolcemente crepuscolare "Mansfield", fino ad arrivare a un trio di grandi ballate come la sofferta "Ballad Of The Boy In The Red Shoes", "Original Sin", struggente, intimista e magistralmente sostenuta dalle orchestrazioni di Paul Buckmaster e dalla chitarra di Davey Johnstone e "This Train Don't Stop There Anymore", con cui EJ chiude l'album mostrando ancora una volta le sue capacità da crooner di alta scuola.

Un discorso a parte lo merita sicuramente "American Triangle", una delle canzoni più impegnate del repertorio del Nostro e anche una delle più sentite e personali (il testo, anche se porta la firma di Bernie Taupin, è stato scritto principalmente da Elton stesso), che per il suo pathos emotivo si rivela essere il brano di maggior impatto immediato dell'album, oltre che quello di maggior spessore artistico e tematico.

Dopo anni di incertezza e di pubblicazioni abbastanza improbabili "Songs From The West Coast" segna a tutti gli effetti l'inizio di una luminosa indian summer per il pianista di Pinner: i testi di Bernie Taupin, di alto spessore e perfettamente in linea con il mood del disco e la voce di Elton John; arrochita, indebolita e priva della freschezza dei tempi migliori, ma pur sempre unica ed emozionante, insieme ovviamente alle musiche, fanno di "Songs From The West Coast" un grande album che è riuscito a conquistare anche la critica più scettica e prevenuta nei confronti di Elton John, e soprattutto "Songs Of The West Coast" è l'album di un artista ormai maturo che può guardare al passato con un sorriso e l'orgoglio di chi sa di aver avuto una carriera unica e irripetibile, pur con tutti i suoi difetti, i suoi errori e i suoi scivoloni che, almeno per quanto mi riguarda, più che svalutarlo rendono EJ una star "genuina" e dal volto umano, lontana dall'algida programmazione e dalle ferree regole di marketing dello showbiz, e questo non può che accrescere la mia simpatia e la mia ammirazione per questo artista, vero e inimitabile genio del pop.

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