COSTELLO VA IN TRASFERTA A NASHVILLE e comincia a diventare grande

A fine anni settanta mi presi una cotta (musicale) per Elvis Costello e mi comprai uno dietro l’altro i suoi primi album di cui apprezzavo lo stile veloce e senza fronzoli delle produzioni firmate Nick Lowe, incisi con il ritmo duro e un poco schizoide del punk rock. Arrivato a questo Almost Blue - una dozzina di cover nei suoni dolciastri del country americano - ci rimasi con un palmo di naso e dopo un paio di ascolti il disco finì nello scatolone di quelli che …” ogni tanto capita a tutti di prendere una cantonata”. Mi sbagliavo: ripescato casualmente e riascoltato trent’anni dopo mi si è rivelato un disco assai dignitoso, che chiude il periodo giovanile di Costello (quello con gli Attractions) iniziando a definire quell’eclettica sua personalità di artista che conosciamo al giorno d’oggi. C’è anche che in questi anni io stesso ho imparato qualcosa di più sul mondo musicale che ruota intorno a Nashville / Tennessee, dove appunto Costello ha registrato questo disco affidandosi alla produzione dello specialista Billy Sherrill, che era considerato all’epoca “the most reliable hitmaker in town". Per venire più allo specifico di queste canzoni, metterei ai due estremi da una parte la scattante versione di Why Don’t You Love Me (Like You Used To Do) già di Hank Williams e dall’altra, cioè in fondo, la zuccherosa Sweet Dreams; e poi nel mezzo e nell’ordine: i due pezzi firmati da Gram Parsons (I’m Your Toy e How Much I’ve Lied) la malinconica A Good Year For The Roses (di Jerry Chestnut) assieme alla struggente Tonight The Bottle Let Me Down (di Merle Haggard) e a chiudere le coppie delle mie preferite i due pezzi di George Jones (Brown To Blue e Color Of The Blues). Oltre al line-up classico degli Attractions, tutti inglesi come Costello, c’è il contributo alla steel guitar dell’ex Doobie Brothers John McFee a rafforzare il suono country & western delle premesse. Bella l’idea grafica del titolo con una specie di crepa nella foto a disegnare la lettera elle della grande scritta “Blue” e simpatica la foto di Costello con le mani sul volto, quasi a dirsi “… ma cosa mi è venuto in mente”! Unica pecca nella mia edizione: non ci sono i testi delle canzoni e sulla copertina non sono citati gli autori che bisogna andarsi cercare sull’etichetta del long playing. Poco male. È un bel disco e secondo me col senno di oggi merita almeno un QUATTRO STELLE.

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