Uno dei problemi delle tante, forse troppe, riviste musicali che invadono le nostre edicole è il capitolo recensioni.
Nel delirio contemporaneo delle infinite uscite discografiche, affidare le recensioni a collaboratori esperti nel proprio genere musicale, equivale al concreto rischio di avere recensioni tutte positive. Controproducente e insensato sarebbe affidare uscite di heavy metal ad un esperto di soul music o viceversa.
Il dibattito è aperto e la soluzione tutt'altro che semplice. Lo stesso discorso può calzare anche per le recensioni on-line. Difficilmente un aspirante critico si avventura in una stroncatura e il risultato è che soggettivamente i dischi siano quasi tutti adorabili.

Cappello necessario per parlare del nuovo disco dell'italo-islandese Emiliana Torrini, giunto dopo oltre cinque (!) anni dal precedente "Love in the time of science".
Dimenticatevi tutto ciò che era (ed è) "Love In The Time Of Science", discreto album di sinth-trip-hop. Ebbene qui si cambia radicalmente rotta. La Torrini ha virato verso il cantautorato intimista impegnato.
Disco essenzialmente acustico: pochi, pochissimi accordi per costruire dodici canzoni porte in punta di plettro, interrotte qua e là da soffici tocchi di piano e da una leggerissima sezione ritmica che, per la verità fatica a farsi sentire. Vengono in mente l'ultima Cat Power, oppure una Polly Paulusma scarnificata e per andare nel passato citerei Joni Mitchell di Blue.

Personalmente lo trovo stucchevole e dischi di questa portata non mi fanno vibrare le corde dell'anima. Posso però comprendere che abbia i suoi estimatori e schiere di adepti pronti a scappellarsi di fronte alla tenera e graziosa voce della signorina venuta dalla terra del ghiaccio.
Apprezzo l'impegno e la volontà di volersi mettere in discussione quando avrebbe potuto tranquillamente fotocopiare il lavoro precedente, ma il risultato mi lascia francamente indifferente. Dischi come questo ne potrei ascoltare dieci, cento, mille e farei una fatica tremenda a distinguerli l'uno dall'altro.

La prossima volta che mi farò vivo su DeBaser sarà per una recensione positiva, ma questo disco mi fa due palle così.

 

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