Ci sono persone che nascono con l'arte che gli scorre nelle vene, quasi come fosse sangue, e che, bene o male, sono destinate a diventare prima o poi degli ottimi artisti. Ce ne sono altre invece che ricevono questo dono solamente in seguito a qualcosa di inaspettato nella loro vita, qualcosa di grande e, nella maggior parte dei casi, non esattamente piacevole. Emilie Autumn è stata entrambe le cose. Conosciuta al pubblico come una ninfa dark dai capelli scarlatti, pochi sanno che, prima dell'aborto e del tentato suicidio, con conseguente reclusione per qualche tempo in un'istituto psichiatrico, l'oscura violinista californiana era qualcosa di completamente diverso e quantomai distante dal delirante personaggio che è adesso.
Una differenza, quella tra il passato e il presente dell'eclettica musicista, riscontrabile a livello d'immagine e di musica in maniera ugualmente considerevole: in "Enchant", album di debutto della Autumn, del sound allucinato e inquietante di "Opheliac" non vi è alcuna traccia e le tetre atmosfere da manicomio vittoriano sbiadiscono in favore di aure fiabesche che immergono l'ascoltatore in boschi irlandesi in cui la natura è ancora incontaminata, quasi mistica. In uno scenario di questo tipo Emilie si muove come un'aggraziatissima fata e con voce quasi angelica ci guida, attraverso le 14 tracce del disco, in un viaggio musicale in cui il violino, suo strumento prediletto, si intreccia con una raffinatissima elettronica e cori à la Enya dando origine a un interessante pop-rock dalle sfumature celtiche ("Across The Sky", "Rapunzel", "Remember", "Save You"). Non mancano però momenti in cui l'atmosfera magica lascia il posto a sonorità lounge sapientemente ricreate dal pianoforte (la fumosa "Second Hand Faith", "Heard It All", "If You Feel better"); sempre il pianoforte è poi il protagonista assoluto di delicate ballate quali le stupende "What If" e "Ever", che ricordano molto Elton John e la Tori Amos di "Winter". Non manca poi qualche momento più rockeggiante ("Chambermaid") e qualche riuscito ammiccamento all'elettro-pop ("Juliet", "Rose Red", "How Strange"), con l'onnipresente violino che fa quasi da collante tra tutte le canzoni, che, per quanto spazino tra diversi generi, suonano sempre unite da un ben implementato file rouge.
"Enchant" è dunque un album molto vario e completamente diverso da ciò che Emilie Autumn ci ha abituati ad ascoltare, un disco che potrebbe spiazzare chi la conosce solo per i suoi deliri "ofeliaci" (passatemi il termine) e che per il suo essere molto più easy-listening di "Opheliac" e "Fight Like A Girl" potrebbe non piacere a tutti. Per chi invece ancora non conosce la talentuosa violinista californiana, potrebbe essere un buon punto di partenza per cominciare ad avventurarsi nei suoi lidi musicali seguendo il suo percorso artistico dall'inizio. Poco importa in realtà, perché in entrambi i casi è innegabile che "Enchant" sia un disco egregiamente realizzato e interpretato e rappresenti una piccola gemma da (ri)scoprire per chi cerca musica non troppo impegnativa, ma ben fatta e piacevole e rilassante per le orecchie.
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