La definizione di ‘romanzo' si arricchisce, nel corso del tempo, di varie accezioni e sfumature: che sia il racconto di un viaggio, effettivo o metaforico, o lo sviluppo di un personaggio in un determinato contesto storico e sociale, o anche, semplicemente, le peripezie che preludono al nascere di una storia d'amore, esso sta, in ogni caso, ad indicare un percorso, un evoluzione, fino al raggiungimento di una meta, di uno scopo.
Questo non è del tutto vero per "Cime Tempestose" di Emily Bronte, opera che, sebbene si discosti dai meccanismi narrativi del romanzo in senso proprio, tuttavia, investe pienamente il concetto di ‘romanzesco'. L'analisi dei singoli personaggi chiarisce evidentemente l'assunto: nessuno di essi compie un percorso, ma tutti, anche a distanza di anni, restano vincolati ad una situazione di stasi, sia come vittime che come carnefici. Heathcliff, che parrebbe essere il vero protagonista del romanzo, torna all'improvviso, sembra cambiato, ma non si sa niente di questo suo cambiamento e le sue successive mosse sulla scena sono determinate ancora dall'antica offesa e dall'immutato sentimento per Catherine. Catherine stessa, sebbene sposata e immersa negli agi di Thrusscross Grange, ha effettiva dignità come personaggio solo in quanto legata ad Heathcliff. E così Edgar, Isabella, Hareton: la loro condizione è determinata ancora una volta dal legame tra Heathcliff e Catherine, che si configura come l'unico incontrastato eroe protagonista del romanzo. Un'eroe che resiste al tempo, alle convenzioni, alla vita e alla morte e che rinnega se stesso, trasformandosi in odio, pur di affermare la sua forza e la sua unicità.
Tuttavia, l'amore, questo eroe descritto con violenza dalla Bronte, in quanto eroe e protagonista di un romanzo è di per se esposto ai rischi dell'incredulità e dell'idealizzazione romanzesca, che è, per antonomasia, finzione, irrealtà. Verrebbe da chiedersi, dunque, a cosa possa servire effettivamente un romanzo data la platonica discrepanza tra idea e realtà. Solo se vado a Cime Tempestose vedo la brughiera, e in mezzo al vento, mi pare di sentire quella flebile voce, ideale, reale, che dice di essere Cathy e di essere tornata a casa, e che riesce a tormentarmi, come tormenta Heathcliff. Perché è pura quella voce, e incorrotta, ed è così, come dovrebbe essere, ma come spesso non è.
Solo la Letteratura ci regala il privilegio di contemplare l'essenza di quella voce, al di fuori delle contingenze e della corruzione della realtà. E questo non può essere inutile o fine a se stesso. A tale proposito si potrebbe far riferimento alla catarsi aristotelica, che vede la poesia come fonte di purificazione del sentimento e che, quindi, in quanto tale, è in grado di cambiare effettivamente la vita del singolo. Ma, essendo in epoca romantica, preferisco ricordare il signor Shelley, autore di uno scritto fondamentale per il Romanticismo,"A defence of Poetry", in cui esalta la forza del genio e dell'immaginazione, affermando che la Poesia, sì, può cambiare il mondo, poiché rende epica, eccezionale, e, diremmo, romanzesca, la vita di tutti i giorni.
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