Eminem non lascia, anzi raddoppia: e così, a due anni di distanza da "The Marshall Mathers LP" se ne esce con questo "The Eminem Show". Tanto per mettere subito le cose in chiaro, gli ingredienti del lavoro precedente ci sono tutti: dal sapiente mix di buffonate a momenti assolutamente seri, dalle collaborazioni con artisti di fama (Nate Dogg, Obie Trice, persino gli Aerosmith...) all'inconfodibile tocco dell'onnipresente producer Dr. Dre. Ma, quel che più conta, c'è ancora lui, Marshall Mathers, "con una nuova lista piena di insulti" come lui stesso ammette in "Without Me". E allora, vista la globale sensazione di dejà vu, perchè tutto questo successo? La risposta per me è facile, e sta nella qualità degli ingredienti che compongono l'opera, che il pubblico non si è ancora stancato di assaggiare.
Si inizia subito forte con "White America", in cui Eminem alza il tiro: stavolta la vittima di turno non è più uno dei tanti colleghi dello show-biz, ma l'intera società americana, George W. Bush in primis. "Business" e "Square Dance" sono canzoni dal ritmo veloce ed allegro ma che non lasciano segni particolari, mentre più interessante ed introspettiva è "Cleaning Out My Closet", in cui Eminem parla del tormentato rapporto con la madre Debbie, regalando alcuni momenti davvero toccanti. Tralasciando le belle ma non indimenticabili "Soldier" e "Say Goodbye to Hollywood" si arriva a "Drips" e "Without Me": qui Slim dà libero sfogo alla sua anima di giullare, descrivendo comicamente le pur serie conseguenze di un rapporto sessuale finito male (nella prima) e cercando di far capire quanto vuota sarebbe senza di lui la scena musicale (nella seconda), senza risparmiare raffiche d'insulti ai vari Moby, Limp Bizkit e chi più ne ha più ne metta! Ma il vero capolavoro di quest'album è "Sing For The Moment", rifacimento di "Dream On" degli Aerosmith: ascoltate il testo e lasciatevi trasportare dal ritmo, poi ditemi che ve ne pare...
Carina ma nulla più è "Hailie's Song", dedicata alla figlia, in cui Eminem canta sul serio per la prima volta (non è poi così male). Altre chicche sono poi "When The Music Stops" e "Till I Collapse". Nella prima Eminem, insieme ai suoi D12, ci mostra cosa voglia dire sapper rappare sul serio, con una base che spacca e dei testi al vetriolo; nella seconda a farla da padrona è un'atmosfera molto cupa, a cui dà una mano la voce di Nate Dogg nel ritornello. Vi sono infine "Say What You Say" (duetto con Dr. Dre) e "My Dad's Gone Crazy" (dove Marshall si toglie qualche altro sassolino dalla scarpa, vero Vanilla Ice?).
In definitiva un bell'album con almeno tre-quattro brani sopra la media: Eminem è ancora il migliore nel suo campo e lo dimostra ancora una volta, trovando nuovi bersagli e nuove rime per colpirli. Peccato solo per quel senso di già sentito che di tanto in tanto (anche se raramente) comincia ad affiorare...
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