Mentre leggo questo libro provo un freddo inconsolabile. Mi sembra di vagare insieme a Jean-Claude Romand in quei boschi di menzogna, percepisco lo scorrere faticosissimo del tempo mentre resta per ore sulla sua automobile, in qualche anonimo parcheggio, fingendo un'altra vita. Aprire le pagine di questo agile volumetto Adelphi è quasi una perversione, mi sembra di cedere all'ingordigia, all'irrefrenabile curiosità e al desiderio di affacciarmi sull'abisso dell'anima per osservarlo attentamente, scrutandone le profondità più recondite.

È osceno, quello che si racconta qui, e allo stesso tempo rivelatore. Perché osservando la vicenda e l'uomo con tale onestà intellettuale, con una disposizione dell'animo così pura e scevra da pregiudizi, Carrère illumina in fin dei conti anche tutto ciò che circonda questa deformazione così mostruosa. Romand esiste come risultato estremo di quel sistema di regole, limiti, concessioni che è la nostra società. Le sue nefandezze non sono altro che un errore di sistema (e conseguenza, di quel sistema), un vuoto di attenzione e cura che porta il bubbone a crescere a dismisura, consente a Jean-Claude di vivere per decenni una vita che non esiste, di fingersi ricercatore all'Oms di Ginevra, lui che si è fermato al secondo anno di Medicina.

La cosa più incredibile di questo romanzo-verità sta nel fatto che si apre con un dato di puro orrore, l'uccisione da parte di Romand della moglie, dei figli e dei genitori, ma proseguendo, l'indagine delle cause non smorza questo orrore, anzi, se possibile lo amplifica, ma in un senso completamente diverso: lo inserisce in un contesto che dovrebbe essere organico, invece si dimostra perfettamente alieno, disumano. Perché l'uomo ha mentito? Cosa l'ha spinto a simili distorsioni della realtà per non ammettere di aver fallito un esame di università?

Io credo che la follia dell'uomo non possa essere separata dalle distorsioni della società in cui è inserito: da una parte, il pubblico ludibrio di fronte ai fallimenti e il conseguente terrore suscitato nell'animo del fragile Jean-Claude. Dall'altra, l'incredibile inconsistenza dei rapporti umani, la fallacia delle relazioni, la superficialità dei discorsi. L'avversario si muove nello spazio vuoto tra un discorso e un altro, meditando accuratamente come proseguire la finzione per salvare le apparenze e quindi la felicità dei suoi cari.

Il vero orrore si rivela allora quello della vita, una quotidianità sradicata e frivola che consente a un uomo malato di mentire clamorosamente e farla franca per decenni, un mondo tutto in superficie, per cui nessuno si interessa veramente alle esistenze altrui. Romand è in fondo, se si può dire, anche vittima delle rigidità e delle norme sociali, del bon ton borghese, per cui non è accettabile un fallimento da parte di un ragazzo brillante come lui. La vita fittizia che inventa è faticosissima, una tortura che è atto devozionale a quelle sacre apparenze che sono il vero motore dell'orrore. Ogni cosa può essere sacrificata sull'altare delle convenzioni sociali, e quelle infinite ore di vuoto assoluto, ogni giorno, per Romand sono un prezzo equo da pagare.

Un simile sforzo conoscitivo porta con sé forse addirittura la rivelazione dell'inconsistenza complessiva delle nostre vite, tutto il teatrino quotidiano perde pericolosamente significato quando ci si trova davanti a una tale affermazione di ciò che ci piace definire “demoniaco”, ma solo perché non riusciamo a comprenderlo, o meglio, perché va a contraddire quelle rotondità così apparentemente perfette che sono il sistema borghese a cui aderiamo. In realtà, quel Satana del titolo non è altro che un figlio del Paradiso che pensiamo di vivere. Un figlio degenere, ma pur sempre figlio.

Lo sforzo di capire è il vero protagonista del libro, seguiamo passo passo le scoperte dell'autore che dimostra una straordinaria sensibilità e una grande indipendenza del pensiero. Una prosa che sembra semplice, ma è ineluttabile nelle sue deduzioni, nel descrivere solo ciò che è strettamente necessario alla comprensione accurata dell'animo dell'uomo. Così, in poco più di 160 pagine ci troviamo disarmati, profondamente soli in questo deserto di empatia che ci circonda. O forse, l'unica nota consolatoria di una simile vicenda sta proprio nell'empatia che Carrère riesce a riservare a Romand, è questo sforzo sovrumano di capire l'unica consolazione che si può trarre da questo inferno.

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