I primi anni novanta videro la definitiva affermazione di jungle e drum 'n bass: i progetti portati avanti da gruppi di artisti ed etichette quali Talkin'Loud, Metalheadz e Good Looking Records portarono alla luce alcuni lavori che stabilirono definitivamente le caratteristiche del genere e che si imposero immediatamente come pietre di paragone per tutti gli album a venire. Le inevitabili contaminazioni che seguirono lavorarono in direzione di una fusione tra elettronica e generi differenti, tra i quali il jazz venne ad occupare un posto privilegiato, grazie ai suoi ritmi sincopati che ben si adattavano al progetto musicale affermatosi in ambito elettronico.

E' in questa direzione che si colloca Equations di Endemic Void alias Danny Coffey, album pubblicato nel 1996 per la Language, etichetta londinese nata l'anno precedente e che si proponeva di far conoscere al pubblico una musica basata sulla sperimentazione e sull'innovazione in ambito elettronico. Il risultato scaturito dal lavoro di Coffey è eccellente: fin da Hydrosphere, track d'apertura, la fusione melodica si rivela di ottima fattura; il ritmo incalzante trascina l'ascoltatore in un irresistibile crescendo intervallato da pause e intermezzi jazzati che si inseriscono sulla base senza sbavature o cadute di tono.
Lion Stone parte piano, dolcemente, il ritmo cresce sorretto dal basso pesante, per poi esplodere in un drum 'n bass melodico di pregevole qualità. Inner Daze è uno dei pezzi indubbiamente più riusciti: alla base dai tratti più tipicamente jungle si sovrappongono pianoforte e successivamente flauto, il ritmo cala, si distende, si riapre all'ascolto e l'atmosfera è quella che potresti respirare in un jazz club saturo di fumo, un whiskey in mano, le dita che cadono lievi sul tavolo seguendo i battiti.
Inner Daze è dolce, dominata inizialmente dalla voce di Emma Stow, ma è solo l'apertura, e già sai che basso e batteria non potranno aspettare più di tanto; con Knight Moves ed Inflections ci si muove in direzione di un'elettronica più sperimentale, in Confuzed le influenze hip hop si fanno progressivamente spazio.

Pochi i momenti di pausa, poche le cadute di stile in un album assolutamente godibile, che fa rimpiangere la prematura scomparsa del progetto Endemic Void, di cui ci rimane solo questo splendido capitolo.

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