Torno ancora una volta sui miei passi e vi presento il secondo capitolo della collaborazione tra Brian Eno e Karl Hyde (Underworld).
Mesi fa avevo proposto il debutto discografico "Someday World", datato maggio 2014, un disco variopinto che, dopo averle messe in un mixer, proponeva un'amalgama di sonorità che avevano caratterizzato (e tuttora lo fanno) le lunghe carriere di questi personaggi ma non solo. L'ho amato dal primo ascolto, come può dimostrare la mia recensione.
Le idee sviluppate e gli "scarti" (per modo di dire, naturalmente) durante la registrazione del primo disco furono molteplici, così, complice anche la forte connessione e ispirazione tra i due, decisero di preparare immediatamente un secondo disco... nasce così "High Life", uscito a fine giugno 2014.
"High Life" mostra un'altra faccia del duo Eno • Hyde, di conseguenza l'approccio alla musica è totalmente diverso rispetto al precedente: meno brani, più lunghi, più sperimentali e più spontanei. In "Someday World", come molti hanno fatto notare, venivano presentati brani in "formato canzone", nel senso tradizionale del termine.
Ancora una volta, però, riescono a risultare freschi come non mai.
Quel megalodonte intitolato "Return" ha l'onore di far partire il tutto. Un brano di 9 minuti esatti che con il lento incedere ci fa prendere confidenza con il suo mood, riempiendo sempre di più l'atmosfera con il passare dei minuti: parliamo di un Art Rock coi fiocchi, a mio parere, dove le chitarre iper-effettate di Hyde fanno da padrone in connubio con il calore della voce di Eno.
La cosa curiosa di questa traccia è senz'altro il riff che, in teoria, dovrebbe essere un riff à la Chuck Berry remixato/modificato, che tra la lentezza e l'effettistica è quasi irriconoscibile. Ora che lo sapete sarà più facile il riconoscimento.
Sfortunatamente l'andamento lento non gioverà sempre all'ascoltatore, come nel caso di "Time To Waste It". Un brano dal sapore esotico, con ritmi che non possono che rimandare a Reggae e Ska, accompagnato da una vocalità femminile questa volta. Da apprezzare la novità e l'infiltrazione in nuove sonorità, magari avrei preferito durasse 3 minuti invece che 8.
Sulla scia di sapori nuovi ed esotici, ecco spuntare (l'unico) singolo "DBF": si tratta della prima traccia strumentale, dal vibe che sa di Africa e di Talking Heads. Guarda caso ho letto alcune teorie secondo quale l'acronimo "DBF" potrebbe star a significare "David Byrne Funk"... avrebbe perfettamente senso!
Talking Heads e Africa a parte, personalmente mi riporta ad alcune sonorità già sentite in "Before And After Science" di Eno, in brani come "No One Receiving" e "Kurt's Rejoinder".
L'altra strumentale è "Moulded Life", dove padroneggiano invece più le influenze di Hyde, portando più aggressività e più Elettronica.
Spendo le ultime righe per parlare dei brani più emozionali e profondi del disco, ovvero "Lilac" e "Cells & Bells".
"Lilac" è senza dubbio l'highlight dell'intero viaggio sonoro: tornano le chitarre a far fuoriuscire melodie fantastiche nella loro semplicità e Eno che ancora una volta scalda gli animi con la sua voce, accompagnato a sua volta dai cori, intanto il complesso si muove sinuosamente tra i beat elettronici. 9 minuti e mezzo che vorresti non finissero mai.
La conclusiva "Cells & Bells" con un duetto vocale tra i due artisti su pavimentazioni di synth paradisiaci, portando per la prima volta in ballo l'Ambient.
Spero vivamente che continuino, appena possibile, a sfornare nuove produzioni.
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