Vittorio cammina per la strada fumando la quarta sigaretta della serata, una serata incominciata da poco. Le luci delle insegne luminose si riflettono sul manto stradale bagnato, vergandolo di bianco, rosso, verde. La sigaretta finisce, il tempo di spegnerla, e già la mano corre alla tasca del soprabito, dove un'altra dose di veleno sta per essere presa, accesa e inalata dai polmoni. Veleno chimico che si mescola al veleno della vita.
Ma Vittorio non è solo, vi sono presenze, fantasmi che dialogano attraverso strumenti musicali, accompagnandolo nel suo peregrinare. Ed è un peregrinare senza meta, solitario insieme alla sua Marlboro. Il suono dei suoi passi riecheggia in un vicolo buio, con la mano tasta la parete, le dita si muovono come quelle di un giovane pianista, la sigaretta che ha in bocca è calda come la tromba di un anziano triestino. I pensieri incominciano ad accavallarsi nella mente di Vittorio, il lavoro che non va, una donna che non ha, una vita che sembra non andare nel verso giusto.
Intanto i fantasmi alle sue spalle dialogano facendo da sfondo ai fantasmi della sua anima, il suono caldo e profondo di un sassofono si avvolge intorno a quello di una tromba che risuona potente e vellutata, un basso e una batteria disegnano il ritmo: solide gambe di una melodia che altrimenti sarebbe così volatile e sfuggente da rimanere troppo astratta.
Vittorio arriva al ponte sopra il fiume, un corso d'acqua nero che scorre lento e placido, come i fantasmi del suo passato che lo inseguono, come il ricordo degli occhi di "Lulu", quegli occhi tanto amati che esprimevano amore, ma per un'altra persona. La serata avanza, i volti delle persone incrociate per strada entrano nell'occhio, ma non si fermano nel cervello, troppo impegnato a sguazzare nel flusso viscoso di pensieri senza continuità logica. Felicità, tristezza, spensieratezza e malinconia, i ricordi si accavallano gli uni agli altri, amalgamandosi con finti aneddoti più o meno verosimili, sospesi tra l'improbabile ed il fantastico: giochetti della mente per l'evasione dalla pesantezza del vivere.
Tutto ciò mentre i fantasmi continuano ad amoreggiare con i loro strumenti, creando un suono notturno, caldo, vitale e melanconico, una musica che emerge dal nero della notte, tratteggiandone nuove sfumature, nuovi colori, grazie alle pennellate di Paul Motian, che armato di bacchette dipinge la tela in modo eccezionale, seguendo e delineando in modo perfetto il mood del momento.
La musica è così bella, seducente ed emotivamente carica che si rischia di caderci dentro, di affogare nel mare di note profuse dal piano di Bollani, di danzare con le nuvole insieme alla tromba di Rava, ora soffice e vellutata, ora in contorsione spasmodica, impegnata a dialogare con il sax tenore di Mark Turner ("Outsider"), con un buon Lanny Grenadier al contrabbasso a completare questo splendido quintetto.
La notte è ormai agli sgoccioli e il cielo incomincia a rischiararsi, le sigarette sono finite da un pezzo e i soldi per comprarne altre sono finiti da ancor prima, i ricordi del passato hanno terminato di giocare a palla con la sua mente. Guarda l'ora: le sei e mezza del mattino. Anche i fantasmi scompaiono, congedandosi con un ultimo soffio di tromba ed una carezza al piatto. Per loro sarebbe disdicevole farsi trovare nel mondo dei comuni mortali nelle ore diurne, ma torneranno ad accompagnare le notti di tutti i Vittorio che avranno il buon senno di ascoltarli, di lasciarsi prender la mano da loro e farsi accompagnare, nel grande oceano della propria vita interiore.
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