Parlare di Jazz per me è difficile, per quanto ci provo è come se ci fosse sempre qualcosa che mi sfugge. Me lo scento scivolare tra le dita mentre batto sulla tastiera, è come se non volesse essere qualificato, definito, come se le mie parole perdessero aderenza su un asfalto reso umido da fitta pioggerella di sfumature, contrappunti, sincopati e swingati che dicono più di quanto sembrano esprimere in realtà. Ogni goccia di quella pioggia contribuisce a creare un oceano la cui profondità sembra non finire mai e ad ogni ascolto si scopre qualcosa di nuovo, di segreto e nascosto. Il Jazz è cultura, è letteratura maledetta, come uno di quei libri che più leggo e più sono affamato delle loro storie e dei loro personaggi ,che ormai sento vicini come fossero reali, amici che non voglio lasciare con i quali ho condiviso momenti talmente belli che il loro non essere tangibili li rende forse ancora più magici. Sarà per quello che non riesco a parlare come vorrei di questa musica? Tra quelle note mi sono perso allo stesso modo in cui ho lasciato un pezzo di cuore tra le pieghe della Terra di Mezzo, mentre un altro me è seduto nella stanza di Arturo Bandini ad aspettare il treno diretto ad Hogwarts con l'idea di fare anche un salto nelle Quattro terre pregando di avere un po' di tempo per andare a trovare Ben Holiday a Landover. Perchè i libri sono questo, mondi dentro altri mondi, viaggi infiniti che come colonna sonora non possono che avere una musica che non si limiti ad essere una semplice compilation di canzoni. Il Jazz è storia, è narrazione, profonda ed affascinante. Ecco perchè quando ho ascoltato per la prima volta "Rava On The Road" ho detto: questa è letteratura musicale! Qui Enrico Rava fonde passato e presente e l'inchiostro delle note si confonde con quello delle parole che vanno ben oltre il classico beat di Kerouac a cui richiama il titolo. C'è la magnificenza dell'orchestra del Teatro Regio di Torino, perfettamente in sintonia con la moderna concezione musicale di un artista che nella sua carriera è sempre stato capace di guardare oltre pur rimanendo sempe se stesso. La sua tromba è una firma indelebile, un marchio personale che si snoda in undici tracce che compongono una lunga e splendida composizione che ha un mood d'altri tempi. C'è un'artigianalità che racchiude un romanticismo difficilmente riscontrabile in un mondo che ha la pretesa di andare così veloce da risultare praticamente immobile. "Rava On The Road" è viaggio ed atmosfera, è musica che ha la magia della letteratura e dell'arte, un rifugio dal caos e dal rumore. Ogni nota è necessaria al fine della composizione, così come ogni lettera è indispensabile alla comprensione di una storia. Il dinamismo dell'improvvisazione jazz si inserisce perfettamente nella struttura solida della concezione musicale classica, in un narrazione che ricorda per potenza delle immagini lavori come "Anatomy Of A Murder" di Duke Ellington, un altro genio che aveva capito la potenza intrinseca della narrazione jazz. Vorrei direi ancora molto altro, ma come al solito il tutto mi scappa tra le dita come quella pioggerellina di cui parlavo all'inizio, così mi ritrovo ancora a sbandare su quella strada umida che racconta di sogni e speranze, un luogo in cui la gente come me può lasciarsi andare senza paura di cadere, dove anche se chiudi gli occhi sai esattamente dove andare.

Enrico Rava: tromba; Roberto Cecchetto: chitarra; Giovanni Guidi: pianoforte; Stefano Senni: contrabbasso; Zeno De Rossi: batteria.

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