Avevo scelto il giorno sbagliato per smettere di fumare.

Stavolta ero tornato prima del solito, era stata la mia giornata. Ogni tanto capita.
La lunga insegna del "Tavern" era ancora spenta, quella del banco dei pegni di Sonny boy no, non si spegneva mai.
L'inverno sulla costa atlantica ci aveva dato il benvenuto portando con sé la neve che aveva reso il crocevia tra la III strada e Newark Avenue un fiume candido in piena, con i sacchi di rifiuti e le auto posteggiate resi fradici cumuli pendenti e geometrici.
Per quel che mi riguarda l'inverno nevoso, oltre a rendere floscio l'impermeabile e la punta delle Clark's, poco inclini a farsi due isolati nella fanghiglia, mi aveva portato a mettere la parola fine al caso più importante che mi avevano assegnato.
Per i primi mi bastò liberarmene sul pavimento (questo si) caldo e asciutto del bilocale preso in affitto, con quello che una paga da investigatore della omicidi possa permettere.
Mentre per festeggiare la fine delle indagini, in attesa che Frank passasse per festeggiare veramente, avevo il solito programma: un "Don Guillermo", che scucivo regolarmente alla gang di dominicani in cambio di favori più o meno leciti e un buon disco jazz di quelli che ti rilassano levandoti dal torpore e che ti mettono a tuo agio. Cosa che qui a New York non mi riusciva più da un pezzo.
Presi dal fondo della cassapanca uno dei tanti vinili che mi ero trascinato dall'ultimo trasloco e che non mi aveva ancora stancato. Enrico Rava "The Pilgrim And The Stars". Il vinile era quello grigio seppia datato 1975 con gli angoli sdruciti e stava tra Bitches Brew e un Chet Baker, proprio dov'era giusto che stesse.
Accesi il sigaro avendo cura di poggiarlo sul bordo del tavolino, la puntina stava già segnando quei solchi concentrici mentre io me ne stavo sulla poltrona fissando un po' il vuoto un po' il sigaro. Chiuso questo caso mi ero promesso che avrei smesso di tormentare i miei polmoni, per questo sarebbe stato l'ultimo, l'avrei soltanto tenuto acceso dandogli di tanto in tanto una boccata per vederlo bruciare meglio. Per l'ultima volta.

Dovevo rilassarmi e lasciare i problemi fuori da quella parete a vetri, sette piani più giù, a gelare, sapendo che con quel clima si sarebbero conservati perfettamente per le settimane a venire.
Era la mia giornata e volevo solo sentire quel quartetto che sporcava il jazz d'avanguardia con il rock. Ancora una volta avrebbero suonato per me in una session privata, violando la solitudine del mio appartamento.
Preparai una cup di caffè, tenerla in mano mi scaldava e mi dava modo di staccarmi dalla fogna dei bassifondi battuti in queste ultime settimane.
La tromba del triestino più famoso in America stava facendo conoscenza con il doppio basso di Danielsson , la batteria di Christensen (questi due poi passarono alla corte di Keith Jarreth)  e le impennate della Jazz-box di John Abercrombie. Rava aveva radunato attorno a sé 3 cavalli di razza pronti trainare lui e la sua tromba; qui regale nel portare omaggio a Davis, qui abbozzata inseguendo melodie uniche, che spostavano i fragili equilibri in cui i tre ospiti lo accompagnavano a braccetto verso la chiusura dei brani.
Il fluire atmosferico di quella tromba mi avrebbe accolto come un'abbraccio caldo e forte, quanto il contenuto della mia tazza.
Il marchio ECM sulla cover era una garanzia e la title track ne era la prova. Jazz metropolitano che si sposava bene con la quotidianità che vivevo sulla mia pelle. In più, la melodia di una tromba che si incrocia ad una chitarra carica di delay, volete mettere?
Notai che le foglie caraibiche del sigaro bruciavano meglio quel giorno, sfruttando appieno quel comburente vecchio di trent'anni ma ancora efficace.
La prima facciata si chiude con la mia preferita "Bella", 9 minuti in cui ognuno si ritaglia i suoi spazi dandosi il cambio come in una staffetta sulla media distanza (Danielsson qui fa meraviglie). In quei 9 minuti la mia mente fu pervasa da un senso di pacatezza che faceva a pugni con i tormenti che avevo dovuto affrontare in queste ultime settimane. Eh si, non riuscivo proprio a staccare la spina neanche ora. Per fortuna ci pensò il rumore della puntina che saltava alla fine del lato a riportarmi con i piedi piantati a terra e con i muscoli meno indolenziti grazie al calore che questo disco si portava dentro, spazzando la gabbia fumosa che mi ero creato tutto intorno.
Girai il disco e ascoltai in piedi il resto fissando tra le pieghe della veneziana il mondo la fuori.

Lenti scendevano i fiocchi scanditi stavolta da una tromba più pacata quella di "Pesce Naufrago".
Lavorava di diaframma generando mille vibrazioni che all'unisono con il basso venivano catturate dal mogano del tavolino. Mi sembrò perfino che quelle venature striate scorressero le une sulle altre, spinte dal pulsare irregolare di quel basso che si faceva largo tra i veri protagonisti del disco: la tromba estrosa di Rava e la chitarra nervosa di Abercrombie, un vero stallone.
Pensavo e ripensavo...
Tra lo scorrere di quelle note, intanto la città si era accesa di luci e rumori che stridevano con il notturno di cui ero ostaggio. "By The Sea".
I dettagli riaffioravano nella mia mente, ripensavo agli indizi che avevo raccolto e che mi avevano portato a convergere tutte le accuse su quel tizio asiatico. Dopo mesi d'indagini mi sembrava troppo facile, possibile? Sembrava che tutto combaciasse come l'incastro perfetto di quei quattro strumenti registrati nel '75. E se mi ero sbagliato?

Comunque...Col senno di poi più che un pellegrino Rava  era anch'egli una stella; parte di quel firmamento che diede luce e splendore ad un disco memorabile e senza tempo. Ne poteva far parte anche Mary Jane la stella di Broadway...O almeno, la futura stella. Per ora era soltanto una go-go dancer che mi stava a cuore (non sto qui a spiegarvi il perché) e che sciabattava sul palco malfamato del "Touch". Mentre udivo gli ultimi sussulti di quella magica tromba, mi accorsi (ironia della sorte) che l'ultima traccia chiamata "Blancasnow" era perfettamente in linea con ciò che avevo davanti agli occhi. Coincidenza...E se tutto il castello accusatorio che mi ero costruito non fosse altro che una grossa coincidenza? Cazzo, già me lo sentivo il procuratore, non aspettava altro che incastrarmi e questa gliela avevo servita su un vassoio.

Già Mary Jane... Quando le dissi :"Ti rivedrò?" mi rispose: "Certo, tutti i fine settimana mi esibisco qui, ora sai dove trovarmi".
Appunto, un bersaglio troppo facile. Se era così M.J. si trovava ancora in pericolo. Mi tuffai sull'impermeabile con ancora la tre pistoncini di Rava che sfumava e mi catapultai nella vecchia Buick Gs400, un vero pezzo da museo.
In quel traffico innevato procedevo veloce ed incerto come la chitarra di Abercrombie che avevo ancora nelle orecchie. Se avevo ragione stavolta Frank avrebbe dovuto aspettare.
Sbando, trancio quasi di netto l'idrante, riparto a fionda. Rava era già un ricordo.
Mi impegnavo a schivare cose e persone il tutto mentre cercavo le Lucky Strike cadute sul tappetino. Avevo tutta la notte davanti. Dovevo muovermi senza sapere che  faccia avesse il nemico. E dovevo farlo in fretta.

Avevo scelto il giorno sbagliato per smettere di fumare, questo è certo.
E soprattutto, chi glielo spiegava a quel "china" che avevo sbattuto dentro?

Il parere del commendatore Bossolazzi:

Se volete sapere come andò a finire, ascoltatevi "The Pilgrim And The Stars" ci arriverete da soli, ne sono sicuro. Alla prossima. 5 nespole.

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