"Hai mai seguito il volo di un falco o di un gabbiano
Traiettorie ardite nel vento contro un cielo lontano?
Io sono così, ho voglia di volare
Quando dico che ti avrò
Ti avrò"

Sono le parole con cui si apre una canzone, e forse una nuova era di uno dei più grandi (e forse un po' sottovalutati) autori italiani. Il romanticismo a tinte drammatiche delle musiche che fanno da contorno a queste parole, e la metafora che simbolicamente viene introdotta come emblema dei contrasti che attraversano la vita (falco/gabbiano, ragione/istinto, maschile/femminile, potenza/dolcezza...) nella sintesi della suggestione visiva stabilisce il tema portante attorno al quale si svolge l'intero lavoro. Sotto il profilo strettamente musicale, infatti, la novità maggiore è un arrangiamento a sua volta giocato sui contrasti trasposti sul piano delle sonorità: la melodia e lo stile narrativo richiamano in modo immediato alla "chansonnerìe" francese (e belga: Jacques Brel non si sentirà offeso) in cui siamo abituati a riconoscere E. Ruggeri, ma gli arrangiamenti elettronici, gelidi, le partiture ritmiche (anch'esse stranianti nel loro automatismo elettronico) che scandiscono in modo lento e drammatico i passaggi della canzone, sottolineandone appunto gli aspetti interiori più controversi, conferiscono ad essa delle coloriture di sfondo che mi permettono di ascriverne la fisionomia al concetto di "rock esistenziale". Lo stesso termine che si può impiegare per Joy Division e Nick Cave.
In altri termini il passato non passa: la presenza spettrale dei Decibel affiora inaspettatamente in quello che è (a mio avviso) uno dei gioielli (se non il miglior brano) di questa nuova collezione. Che si gioca peraltro sul filo dell'alternanza tra amare riflessioni sulla vita (soprattutto nei risvolti affettivi: "Oggi Ritorno"), ironica riproposizione del gioco tra i piani temporali del passato nostalgico (ciò che fa stilisticamente "assomigliare" di più Enrico Ruggeri ai Cantautori Francesi: "Cielo Nero"), e del passato quasi "imbarazzante" come in "Punk (prima di te)": un passato dal quale si prendono appunto le distanze, e rispetto al quale Ruggeri definisce in modo antitetico la propria identità stilistica, ma che può altresì rappresentare una sorta di fiume carsico che a tratti riemerge in superfice. "Ti Avrò", infatti richiama in modo perfetto, attualizzato alle più aggiornate sonorità, a quanto precorso dal Punk d'Avanguardia realizzato nel passato remoto della band di origine. E come nei migliori re-incontri con un altro (e più oscuro) versante del se, il risultato è entusiasmante.
"Lo Sguardo Come il Mio", una sorta di riconciliazione con la vita che ripara la contraddizione drammatica tra le due "personalità" o "voci narranti" simboleggiate dalle immagini in copertina sembra la conclusione più distesa e (momentaneamente) rassicurante.

Un disco duro, teso, dominato da un'umore cupo e da una risposta a una malinconia che affiora nonostante si tenti di affrancarsene, risposta che suona sferzante come l'urlo del vento che spazza la spiaggia deserta ritratta nello scenario invernale. L'inverno dell'anima? Probabilmente la stagione dominante, per ora, quando piove tra le righe del passato ritratto in questa pagina interiore triste e riflessiva, ma non per sempre: il profilo altissimo dell'ispirazione di Enrico Ruggeri ci ha (negli anni) abituati a una vista più "dall'alto" della meteorologia interna delle emozioni. Che, come è noto a chi questi "voli arditi" ha la capacità di compiere, è sempre, per sua stessa natura, mutevole.

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