Quando ho visto che in questo sito c'erano pochissime recensioni di Enrico Ruggeri ho voluto rimediare, magari forse riuscirò a convincere qualcuno a seguirmi. Già, perchè l'artista in questione lo ritengo il più grande cantante italiano, ovviamente dopo la sacra trinità De Andrè-Battisti-Battiato.
Un artista da sempre poco appagato dal punto commerciale (non riusciva a vendersi, nel senso buono del termine, al grande pubblico) e ostracizzato da certi critici finto-intellettuali a causa delle sue idee politiche. Certo, un pò di successo lo ha fatto, qualche critico lo ha apprezzato, ma sempre pochissimo rispetto ad altri musicisti dai meriti artistici evidentemente inferiori. Chiamano rockers Vasco e Ligabue, i loro meriti li hanno, ma Ruggeri fu l'unico esponente della stagione punk italiana con i suoi Decibel e fu uno dei pochi ad abbinare il rock duro e puro a testi, non dico impegnati (a parte qualche magnifica eccezione la maggior parte sono canzoni d'amore), ma comunque molto belli. Gli danno tutti di fascista, ma fu il primo cantante a parlare in una propria canzone di un transessuale. Un cantante dalla timbrica molto particolare, un compositore dall'innato senso della melodia, un uomo dalla doppia personalità musicale, una più rock e una che si rifà molto agli chansonniers francesi. Consiglio a tutti la prima parte di carriera, quella più rock, chi fosse interessato approfondisca pure la successiva, quella più melodica: avrà delle piacevoli sorprese (come la stupenda Rien Ne Vas Plus).
Uscito dopo l'avventura con i Decibel e il suo esordio solista accompagnato da complicate controversie legali legate alla casa discografica è uno dei suoi album più rappresentativi, nonchè uno dei suoi lavori meglio riusciti.
L'album è un insieme di canzoni new-wave elettronica stile Ultravox (Fuoco Sui Giocattoli,Gerarchie) ma dove la chitarra svolge un ruolo non inferiore a quello delle tastiere (merito di Luigi Schiavone che, da quel momento in poi, sarà il suo fido compagno), caratteristica del genere, ma dove c'è spazio anche per dei fiati (Polaroide).
La title-track, poi, è qualcosa di magnifico, una linea di basso come poche se ne sono viste in Italia, una melodia ipnotica e un testo che non ha nulla da invidiare a quelli del miglior Mogol: un capolavoro, sicuramente da inserire tra le venti canzoni italiane più belle di sempre.
Il resto del disco non ha nessun punto morto (il che non è poco) ed ha alcuni picchi notevoli oltre la title-track: l'opening Va Tutto Bene, la già citata Fuoco Sui Giocattoli e la dichiarazione d'intenti Salviamo Milano.
Consigliatissimo, anche se il massimo lo raggiungerà con il successivo Tutto Scorre.
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