Questo disco ha 25 anni. Questo artista compone/suona/canta da 35 anni. Così, giusto per ricordare ai pischelletti di oggi che Enrico Ruggeri NON è un critico musicale, anche se stava a X-Factor. NON è un conduttore televisivo, anche se presentava Il Bivio. E NON è un giornalista sportivo (per chi ha in mente le sue ospitate di qualche anno fa a "Controcampo"). E, almeno in prima battuta, NON è uno scrittore, nonostante i libri che ha pubblicato.
Questo signore ha composto, nella sua carriera, roba splendida. E talvolta i suoi gioielli li ha donati ad altri (Diana Est, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè). I maligni dicevano che scrivesse per altri perchè non sapeva cantare. In realtà, Ruggeri -è vero- non ha una grande estensione vocale, ma il suo timbro caldo è funzionale alle cose che compone, alla musica e ai testi. Già, i suoi testi... belli, spesso meravigliosi.
Curioso il personaggio, comunque. Esordi nel punk, post-punk, poi cantautore, poi anche rocker a inizio anni '90. Incoerente, forse. E a molti antipatico. Ma originale, colto, lucido e mai banale, spesso masochisticamente in controtendenza rispetto ai gusti musicali imperanti. Tanto per dire, a metà degli anni '80, in pieno boom della musica elettronica, vira verso una fase da "chansonnier" alla francese, in apparenza fuori tempo e fuori ogni schema, per la disperazione dei discografici dell'epoca.
A metà di quel decennio esce "Tutto Scorre", composto da Enrico e dal fido Luigi Schiavone, e contiene dieci brani (dodici nella versione in Cd, con l'aggiunta tra l'altro della cover di Aznavour "A Mia Moglie", che un paio di anni dopo sarà inclusa anche nell'ottimo live "Vai RRouge").
Sarà per sua indole, o forse perchè, assieme agli Champagne Molotov, trascorse il freddissimo inverno di quell'anno a comporre, chiuso da eremita dentro un castello...Fatto sta che i dieci brani sono (quasi tutti) pervasi da una struggente malinconia e da un pessimismo che pare senza rimedio, senza soluzione. E invece, inaspettato, c'è sempre un guizzo di ironia ("Noi uomini forti sappiamo a che santo votarci"), oppure un lampo di ottimismo ("La vita, che ti dà dei brutti quarti d'ora, ma delle intensità"), un barlume di rabbiosa speranza ("Non traslocherò da questa vecchia casa. Non mi arrenderò. Non ti perderò..."). Ruggeri canta del tempo che passa, lento e inesorabile. E soprattutto canta di amori finiti, spesso toccando corde delicate e tasti dolorosi ("Quella mano che mi davi da tenere ti serve per gesticolare"); altre volte tuttavia con più leggerezza, come quando, sostituendo la sua Lei con un'altra, a quest'ultima dice: "Ti ho visto addentare un panino dentro un autogrill: a volte un dettaglio può uccidere una poesia".
L'inizio è affidato a "Il Futuro E' Un'Ipotesi", tastiere sintetiche ben in evidenza, giro di accordi in maggiore, pop-rock fresco e gradevole.
"In trincea" è una sorta di mid-tempo sincopato, testo disilluso e vagamente incazzato. "La Vita Corre Ancora" è una stupenda ballata dall'incedere straniante e dolente, in cui canta la sua solitudine e le sue debolezze.
"Beneficio d'Inventario" è una marcetta volutamente demodè, in cui si autocompiace di essere mutevole e incostante (ma ce n'eravamo già accorti all'epoca...). Il lato A della versione in vinile si chiude con "Da Questa Vecchia Casa", cupa e claustrofobica, tra le mie preferite: lui chiuso dentro, tra mura macchiate e vecchie tende, e il mondo che, fuori dalla finestra, illude e disillude, fa paura e fa soffrire.
"Poco Piu' Di Niente" è ciò che rimane di un matrimonio arrivato al capolinea: paradigmatica dell'album, in un certo senso. Chitarre in evidenza a punteggiare rancori assortiti. "Non Sono Incluse Batterie" già spiega tutto: ci è stato dato (da mamma e papà, da Dio, dal destino, da uno scherzo del cazzo, fate voi) un giocattolo chiamato VITA, ma non ci hanno dato le pile, appunto le batterie: e le energie, le risorse dobbiamo trovarcele da soli. Qui si suona un tirato rock and roll, carino e niente più.
Ma, prima della chiusura con "L'Ultimo Pensiero" (solo pianoforte, fiati e voce), arrivano le emozioni allo stato puro: in "Savoir Faire", sezione ritmica di primissimo ordine, il testo ti lacera dentro. E nella seguente, velocissima "Fantasmi Di Città", udite udite, ci siamo noi. Sì, anche tu che stai per votarmi. E pure tu che Ruggeri proprio non lo sopporti. Il tempo che passa, le giornate grigie e tutte uguali, volti che incrociamo per strada, ai semafori, per un istante, mano che serra il volante, e il momento è già passato...
Ahimè, Ruggeri, come avevi ragione: tutto scorre, e troppo velocemente...anche il tuo momento d'oro è passato...ma voi artisti avete un vantaggio: quando un'opera è un capolavoro, assume il dono dell'immortalità. E questo è un disco che, se non "immortale", meritava almeno una prima recensione su Debaser, perchè ha un'enorme pregio: un quarto di secolo dopo, ancora suscita emozioni: rabbia, malinconia, frustrazione, amore, rimpianto....
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