Gli Enslaved vanno rispettati, perché hanno alle spalle una discografia che parla in loro favore, per la qualità alta degli album pubblicati in quasi diciotto anni di carriera. E poi perché, avendo il sottoscritto seguito il loro percorso a partire dagli esordi (ricordo quando acquistai il debutto esteso "Vikingligr Veldi" nel 1994, attratto dalla copertina, che sapeva riprodurre per immagine ciò che poi si sarebbe rivelato essere il contenuto sonoro dell'opera, ovvero black metal di stirpe vichinga), ho perfettamente compreso e condiviso le scelte fatte dalla formazione norvegese nelle successive release, scelte che li hanno portati a diventare una creatura diversa, ma che - sin dall'inizio - ha dimostrato di possedere una personalità unica. Per questo motivo credo che fosse evidente che non si sarebbero fermati a quanto fatto con il precedente "Ruun", anzi quello non è altro che un nuovo punto di avvio verso qualcosa di ancora diverso, pur se legato al passato, e che conduce in maniera inequivocabile a ciò che "Vertebrae" è.
La ricerca di Enslaved è sempre andata di pari passo con una scrittura che ha saputo maturare e un sound che, per quanto vario, non ha mai smarrito la natura estrema, sebbene più raffinata, e le otto nuove canzoni testimoniano come il gruppo sia interessato a divulgare arte che diventa suono e che è figlia della creatività. L'analisi del lavoro porta a rimarcare più aspetti, riscontrabili tanto negli arrangiamenti (ulteriormente curati e dettagliati rispetto al passato) quanto nei riff (tali da coprire uno spettro assai ampio, che dall'hard rock arriva al black), ma rimarcando come sia nelle strutture dei brani che sta la parte più consistente di mutazione. Infatti la prospettiva con cui hanno guardato alla composizione è quella che affonda le radici nel progressive e questo lo si percepisce nitidamente, anche se poi i "rivestimenti" conducono a indagare scenari dark piuttosto che psichedelici, a privilegiare chitarre acustiche, atmosfere pregne di solitudine o soluzioni orientate alla sperimentazione strumentale, ma comunque bilanciando al meglio le diversità.
È inoltre il mood a costituire un elemento di rottura, perché tra i solchi di "Vertebrae" (mixato da Joe Barresi, già al fianco di Melvins, Kyuss, Tool, Jesus Lizard, Clutch, Tomahawk, ecc.) a prevalere sono la serenità e la speranza, quasi che gli Enslaved - raggiunta una definitiva consapevolezza nei mezzi espressivi - avessero potuto finalmente liberare il lato più positivo della propria anima.
Se cercate un gran bel disco, indipendentemente dai generi, lo avete trovato.
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