Ritorna, dopo 3 anni di distanza da quel "Project X-Katon" del 2006, la pazza e stravagante combriccola veneta che prende il nome di Ensoph. Nonostante i molteplici riconoscimenti che li vede come uno degli act avantgarde più meritevoli del nostro Bel Paese, il nome Ensoph non è conosciuto e diffuso come dovrebbe, secondo il mio modesto parere.
Che c'è di nuovo sotto il sole? Beh, indubbiamente la band non è stata con le mani in mano e ha cercato di innovarsi ancora una volta. Infatti questo "Rex Mundi X-ile" suona diverso da tutti i precedenti album del combo, anche se è ovvio che mantiene il caratteristico sound. Qui tutto suona "Ensoph", ma è possibile riscontrare passaggi innovativi che percorrono strade che in precedenza erano solo state sbirciate. Rispetto alle release precedenti la vena prog del gruppo viene più a galla, regalando episodi ritmici più elaborati e allo stesso tempo più potenti. Un altro fattore accentuato è sicuramente l'aggressività: questo lavoro mostra di più i denti, molto di più rispetto al predecessore "PXK" e in alcuni frangenti si riscontra di nuovo l'acidità di quel gran lavoro che è "Opus Dementiae" del 2004, il tutto portato ancora più avanti, in un nuovo stadio evolutivo di questa band. Ecco dunque un disco che mescola certa attitudine black (prendere con le pinze le etichette! Io la parte più aggressiva degli Ensoph la definirei semplicemente come extreme metal), industrial, certa ricercatezza prog per quanto riguarda la maggiore complessità ritmica e una vena gothic che si riscontra nelle parti più melodiche; tutto legato ben stretto da una cosa che al giorno d'oggi è sempre più difficile da trovare: l'originalità.
L'apertura del disco è affidata a "Evil Has Found A Servant", un'intro electro-industrial; al contrario di altre intro strumentali che lasciano il tempo che trovano, questa serve per introdurre realmente l'ascoltatore nel mondo malato degli Ensoph e personalmente non mi ha mai indotto a ‘skippare' per passare alle "vere" canzoni. Ottimo segno.
Le cose sono subito messe in chiaro dagli Ensoph: qui si spacca! Tale concetto è subito reso esplicito da "Dance High & Shine, Shiva!". Un inizio deciso, graffiante, ritmato. Protagonista è la voce acida di N-Ikonoclast, mattatore assoluto di uno spettacolo allucinato. Echi del lontano oriente risuonano e sgusciano dalle asprezze estreme mentre Shiva, la Distruzione, danza alto nel cielo. Suggestioni industriali e futuriste si mescolano ad un gusto antico, che riporta alla mente possenti templi e mistiche visioni; motivo, questo, che ritorna in tutto l'album. Curioso che le tracce migliori del lavoro, secondo me, siano quelle contraddistinte dalle tre ‘&': infatti "Dance High & Shine, Shiva!" risulta la migliore assieme a "Splendour & Majesty" e "The Whore & The Ashetist".
"Splendour & Majesty" nei primi momenti presenta degli effetti di synth che, inconsciamente, mi hanno riportato ai tempi di "Opus Dementiae". L'atmosfera arcana e l'estremismo sonoro regnano, anche se spazi melodici continuano a permanere e ancora una volta la collaborazione con Antonella Buosi degli Scarecrown contribuisce a donare un tocco delicato al tutto. Ben realizzati i passaggi di piano (presenti anche in altri pezzi), uno dei marchi di fabbrica del gruppo, che sa innestare partiture di pianoforte lì dove sembra impensabile dato lo sfondo su cui si adagiano.
"The Whore & The Ashetist" (la versione demo - intitolata ‘The Whore and The Ascetist' - era stata resa disponibile al download nel sito ufficiale ancora a fine 2007) è la più cattiva dell'album e riesce veramente a scatenare un maledetto headbanging e live rende davvero bene. Parti cattivissime e veloci con vocals acide e malvagie sono sorrette da synth e costruzioni industrial azzeccate, la ritmica è decisa e coinvolgente, i riff corrosivi e taglienti. Forse però avrei mantenuto il finale della versione demo: il contributo di Antonella nel finale convince meno; ma nelle parti tirate le vocals sono state migliorate e incattivite, e questo risulta indubbiamente un beneficio per l'intero pezzo. Diverrà senza dubbio un classico della band.
"In Cinere Et Cilicio" è costruita su un'impalcatura electro e le incursioni chitarristiche sono limitate a secchi e pesanti riff in alcuni punti. La prestazione di N-Ikonoclast (che in alcune movenze e alcuni "lamenti" ricorda Sopor Aeternus) è molto varia e si presta anche a un cantato pulito diverso rispetto a quello provato fin'ora (che a tratti ricorda certa darkwave): un'atmosfera sublime, mistica, liberatoria, circondata costantemente però da episodi più disturbanti. Echi lontani, evanescenti e distanti chitarre acustiche e percussioni vaporose costruiscono una struttura strana e inusuale.
Altro pezzo che si distingue è "Disciplina Arcani (Un Canto Per L'Esilio)", ennesimo picco di questo lavoro. Interamente cantata in italiano, questa traccia si districa tra movimenti differenti, spaziando tra momenti più melodici e ariosi (con ospite ancora una volta la brava Antonella) e altri perversi e contorti. Davvero ottime le vocals dei due cantanti.
"Come In Uno Specchio" è una traccia malata. Chitarra acustica, sfondo electro, una frase campionata ripetuta, ossessiva e costante: "Ho visto Dio". La scioccante visione della divinità aliena l'individuo e lo getta in un vortice di sgomento e pazzia. E poi la narrazione di una donna, il resoconto del maledetto incontro; e la stessa, ossessionante frase che vi risuonerà nel cervello, fagocitandolo e annichilendovi: "Ho visto Dio, ho visto Dio...".
Le altre composizioni che non ho analizzato ("Shame On You!", "Thir(s)ty Pieces Of Silver" e "9Xs" - leggasi "nine crosses") si mantengono costantemente su alti livelli, più che buoni. Invece "...And I Hear A Voice", secondo me, è un po' sottotono rispetto al resto ed è la traccia che mi ha convinto meno, dal momento che al termine lascia un vago senso di "non finito", di "lasciato a metà".
Chiude il tutto una cover degli Alice In Chains, "Would?", che il gruppo riesce a prendere, rivoltare e rendere in pieno stile Ensoph. Forse una bonus track ‘superflua'; avrei fatto finire l'album tra gli echi della precedente traccia, facendo risuonare l'ossessivo ‘mantra' "Ho visto Dio", ma sicuramente è un pezzo che piacerà a chi ha apprezzato e apprezza gli Alice In Chains.
L'album è stato prodotto ottimamente da Giuseppe Orlando dei Novembre e, scherzosamente, nel booklet il luogo di registrazione è segnalato come "somewhere on the axis Jerusalem-Bombay", per sottolineare questa espansione concettuale che non si limita alle tematiche mistiche legate alla tradizione giudaico-cristiana (Jerusalem) ma che qui si avvicina anche a tematiche orientali (Bombay).
In conclusione di questa lunga disamina posso affermare che gli Ensoph sono tornati in gran rispolvero con un lavoro ben più godibile del precedente, sempre secondo il mio modesto parere ovviamente. "Rex Mundi X-ile" si merita un bel 4 abbondante.
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