Su debaser manca ancora una bella fetta di dischi di Jannacci e io mi posso ritenere un grande estimatore di questo genio. Anche se la maggior parte dei suoi dischi sono usciti prima che nascessi, alcuni prima che nascesse mia madre. E lei l'aveva visto Jannacci alla 44° edizione del festival di Sanremo, con una canzone chiamata "I soliti accordi", cantata insieme a Paolo Rossi. E oggi parleremo proprio del disco che porta lo stesso nome del pezzo. Premessa: non odio questo disco, anzi mi piace molto, però è leggermente inferiore rispetto agli altri che ha fatto

Si comincia con "I soliti accordi", ne abbiamo già parlato prima, un pezzo ironico che parla di politica, ma ci vuole coraggio a portare una canzone che sfotte tutto e tutti a Sanremo (è fantastica). Una rivisitazione di "Il primo furto non si scorda mai" (che non è male) ci conduce a "Io ero quello là", una canzone lunga, malinconica, a traitti comica e che ci narra la storia di un ragazzo che pulisce pavimenti in una discoteca; meraviglia. "Diagonale" è rock n' roll, è divertente ma anche un po' amara: ci illustra tratti della vita quotidiana e della visione del mondo dello Jannacci medico; interessante. Poi arriva come un fulmine una rivisitazione di "Il bonzo": la sua durata aumenta di 2 minuti e diventa una denuncia più grande e più diretta di quella del 1975; insomma una denuncia al cubo. Dopo un colosso come "Il bonzo" bisogna un po' calmare le acque; ecco allora un'altra rivisitazione di "Per la moto non si dà", impreziosita con un'inedita parte rap. Comunque serviva alleggerire un po' l'atmosfera, perchè con "E adesso" l'atmosfera si fa pensante: con "E adesso" Jannacci graffia e denuncia, creando il centro tematico del disco. La malinconia di fondo si fa protagonista in "Parlare col liquido", ma non è niente di speciale: è solo un monologo a tratti nostalgico a tratti surreale . "Occhi di soldato" ci riporta coi piedi per terra: all'apparenza sembra una canzone d'amore (e anch'io pensavo così) però in realtà si parla di speranza, riposta in una ragazza di periferia. Denuncia, rock n' roll e le parole di Dario Fo vanno a formare "Tutti gli uomini del re" (chi ci vede un rimando a "Ho visto un re" è sulla strada sbagliata): si parla di crisi, di politica e del crollo del muro di Berlino, tutti fattori che rendono questo pezzo appetibile. Conclusione surreale e malinconica con "L'uomo di gesso": si parla di un'uomo di gesso ovviamente, ma anche della perdita di valori, quei valori che Jannacci ha considerato importanti.

In sostanza è un disco bellissimo ma un po' meno fresco e più difficile rispetto agli altri, consiglio un'ascolto attento.

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