(altra) paginetta debasera per un disco conosciuto nel debaseron, grassie alfama
Edwin White è sir. Eola, registra Dang sin da inizio decennio dentro una grande mela per rilasciarlo solo un anno fa; e se π*10^7 sono circa i secondi di un anno, 33 sono i giri di questo 12’’ ed uno - minimo - è l’ascolto che consiglio nel caso gustino certe grattuggiate melodie.
Tra i capolini di questi gospel e la psichedelia sganciata a ruota libera, il disco mi suona decisamente come musica di bosco; forse è tanto colpa della copertina, ma purtroppo non ho avuto una seconda occasione per avere una nuova prima impressione, quindi per il momento mi rimarrà così, tra gli alberi e composta da edvino il bianco.
Un lo-fi che è pulviscolo di miele, giovini cori che creano i fasci di luce, fronde che li fanno entrare con accenni di ritmo su cantilene da prima aurora post-sbronza; è tutta un’elettronica elusiva che modula folk, blues, world, in cui emergono tratti di musica nera, cantautorato, panda bear, sam cooke, ariel pink, tutti come corpi galleggianti nei limpidi stagni di questi brani; un pop delle percezioni amplificate, una ingenua ed accogliente sperimentazione che funziona non poco; probabilmente da qui mi trascinerò dietro un paio di brani, almeno per un po’, hallelujah, hallelujah now.
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