Epta Astera ("Sette Stelle" in greco di koinè - cioè un particolare dialetto greco, il quale è stato usato per la scrittura del Nuovo Testamento e per la diffusione del Cristianesimo) è una one-man band creata in North Carolina, Stati Uniti, per mano di tale C. Harwick.

Questo album, "Ero Cras", è il debutto, risalente al 2008.
Il titolo è ricavato dalle iniziali delle invocazioni presenti nelle antifone dell'Avvento ("Antifone O") lette al contrario: Sapientia, Adonai, Radix Jesse, Clavis David, Oriens, Rex Gentium e Emmanuel. Già in epoca medievale si è scoperto che le iniziali di tali invocazioni, lette al contrario, formano la frase latina "Ero Cras", che significa "Domani sarò qui". Infine, va detto che l'album è un concept sulla vita di Gesù.

Perché tutti questi riferimenti al Cristianesimo e alla figura di Cristo? Bene, perché il suddetto progetto va sotto quella branca della musica definita "christian". E cosa ci propone il buon Harwick? Ci propone un miscuglio di ambient, folk, cori che sanno di canti gregoriani e qualche lievissima influenza metal, la quale si limita a qualche riff di chitarra distorta qua e là, a degli utilizzi della batteria caratteristici del genere e a delle sporadiche soluzioni vocali che ricordano alla lontana il metal estremo.

Dopo una dovuta introduzione "concettuale", addentriamoci maggiormente nella materia musicale. Il disco risulta abbastanza vario, fattore che gioca un po' a favore e un po' a sfavore del nostro chierichetto del Nord Carolina. Infatti la prima traccia, la lunga "Veni Emmanuel", risulta essere ben congeniata, contenente delle ottime linee vocali estremamente evocative e atmosferiche che fanno venire in mente i canti gregoriani, con un tappeto ambient e, oserei dire, in alcuni punti drone e la comparsata qua e là di riff pesanti, brevi e semplici, figli di certa scuola industrial metal. La traccia si sviluppa bene, con la partecipazione di una sorta di cornamusa, che dona un piglio tutto particolare, dal retrogusto pagano e celtico (un ossimoro quasi per la proposta in esame). Questa traccia risulta essere, a mio modesto parere, la migliore dell'intero album, quella dove le varie anime musicali presenti si compenetrano con buon gusto e in modo riuscito; non un capolavoro di canzone, ma una composizione molto buona. Altre sperimentazioni nelle successive tracce risultano essere mal riuscite, ecco il perché di una varietà come fattore negativo.
Le tracce seguenti sono sicuramente inferiori rispetto all'opener. La seguente "Ave Maria" è una breve composizione con flauto, glockenspiel (uno strumento molto simile allo xilofono), organo e synth. I canti, come al solito, ricordano quelli gregoriani. "Gaudete" ha uno scheletro ritmico abbastanza sostenuto, creato con un effetto synth e vede la presenza di un violino e della cornamusa oltre alle incursioni metal (che, ricordo, si limitano a qualche riff semplice). A volte la voce qui non convince appieno. "Stille Nacht" è una rivisitazione della celeberrima canzone popolare natalizia. Ed ecco qui la maggiore delle sperimentazioni andate male e la peggior traccia di tutto il lavoro. Si inizia bene, con un buon violino che da un'atmosfera candida e leggera, ma poi fa la comparsa un effetto di sottofondo - e qui il primo passo falso - da vecchio disco vinile. L'effetto risulta troppo in rilievo e rovina l'ascolto. Se non bastasse questo, ecco un altro effetto - secondo passo falso - ben più fastidioso: rumori di vetri rotti, suoni di cui non è possibile indicarne la sorgente e in alcuni punti un ansimo continuo. Traccia veramente fastidiosa e da evitare.

"O Come And Mourn" risolleva il morale, risultando la seconda traccia più riuscita. Un organo, delle percussioni, flauti e uno strumento simile ad uno scacciapensieri. E infine, qualche schitarrata qui e là. "Interlude: Low In The Grave" è, appunto, un interludio, abbastanza trascurabile: un tappeto ambient, un organo "singhiozzante" e una voce strana, profonda e "posseduta". "Up From The Grave" è una traccia "felice" nell'inizio ma che nella seconda metà rivela delle influenze doom, e la voce diventa quasi uno scream/growl sottovoce. "Pentecost" è un episodio quasi tutto narrato, costruito con un pianoforte, un basso pulsante e una batteria; al termine, per condire: secchi riff di chitarra distorta q.b. Chiude l'album "Veni Emmanuel (Reprise)" che appunto riprende alcune linee melodiche dell'opener e una versione interamente eseguita con il glockenspiel di "Ave Maria"; tracce alquanto inutili.

In conclusione, tralasciando credo religiosi che nella musica a me non interessano, posso dire che le idee ci sono, ma sono troppo confuse. Alcune sperimentazioni potevano essere tralasciate tranquillamente e forse, per dare maggiore coesione, la componente metal dovrebbe essere sviluppata e migliorata. Tuttavia, la prima prova di Epta Astera presenta qualcosa di nuovo e che in futuro potrebbe svilupparsi in qualcosa di migliore, motivo per cui do un 3 (seppur tiratissimo, lo sottolineo). Il prossimo lavoro, attualmente in lavorazione, dovrebbe uscire nell'estate del 2009. Come ultima cosa, dico che l'album, come tutti quelli futuri, è scaricabile legalmente e gratuitamente dal sito ufficiale, alla sezione "Music".

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