L'Equipe 84 non è solo quella del beat dei '60 - tra l'altro sicuramente tra le formazioni meno becere del periodo - ma è anche quella di "Id", curioso esperimento inciso e pubblicato nel 1970.
In quel periodo la formazione storica dell'Equipe ebbe alcune modifiche, condizionate da fattori esterni alla musica, mantenendo come perno la figura di Maurizio Vandelli, autore delle musiche e dei testi, che chiama per questo lavoro musicisti esterni alla band.
Già la copertina del disco segna una discontinuità con le precedenti del gruppo e se le musiche mantengono vivo - e la riconoscibilità è un pregio - lo stile di Vandelli, è altresì evidente che non siamo presenti davanti ad un semplice disco beat: si può parlare, schematizzando un po', di una sorta di proto-prog, con chiara matrice pop. E se le ritmiche sono spesso "beatleseggianti", spunti originali e comunque degni di nota ce ne sono.
E' un disco in ogni modo interessante, sotto diversi aspetti. Il primo brano "Id" è sicuramente una novità nel panorama italiano: totalmente strumentale, ha nell'uso delle tabla indiane la sua caratteristica. Sono sonorità affascinanti, sicuramente poco "Equipe" ma purtroppo non avranno continuità nel disco. Il brano si lega a "Buon Giorno Amico Mio", pezzo allegro, gioiso, con un tema facile e diretto che troveremo nel finale del disco. Si nota subito però, che rispetto i tradizionali missaggi della musica pop, abbiamo gli strumenti più in evidenza della voce, per altro sempre caratteristica di Vandelli. L'arrangiamento è ricco di chitarre, molto presenti le 12 corde e di mellotron. Il terzo brano, anch'esso legato al precedente è "La Notte di Verità", il testo, si lega molto bene alle musiche. Qui alle sempre presenti chitarre, troviamo flauti e clavicembalo. La successiva "Giochi d'amore", molto beatlesiana nelle melodie e nell'arrangiamento, scorre via in modo piacevole e senza eccessive pretese: scherzoso il divertente il finale. Il quinto brano affronta lo scontro generazionale, è "Padre e Figlio": qui si anticipa la "Father and Son" di Cat Stevens nella struttura della pezzo, cioè il dialogo affidato al padre (la strofa) e al figlio (il ritornello). Furba l'idea di diversificare abbastanza le musiche, con una strofa "leggera", dai tratti rilassati countryeggianti (fraseggi in "stile" del già cantante Donatello alla chitarra), da "predica seduto sul divano" con un ritornello più melodico, molto tipico del periodo, ma gustoso. Il testo, oggi ovvio ma nell' Italia nel '70 sicuramente meno, con anche con passaggi duri "...tra noi c'è una vita, capisci papà ? La tua è tanto vuota e sempre sarà...".
"Jo", con inizio quasi militaresco e con l'hammond di Mario Totano ben in evidenza grazie ad accordoni al limite dell'overdrive, affronta il tema della droga - tra i primi brani in Italia - in modo non banale. Musicalmente il pezzo, specie per l'arrangiamento, potrebbe ricordare alcune sonorità da "Collage" de Le Orme.
Si arriva quindi a quello che è probabilmente il pezzo più bello dell'album oltre che quello meno "pop" e nell'intenzione più prog: gli oltre 7 minuti di "Un Brutto Sogno". Il testo, non brilla in modo particolare per originalità, peccato. La musica è molto bella, l'idea di dare inizio ad ogni giro armonico con un accordo diminuito aiuta a dare l'idea di "brutto sogno", il piano, con timbrica quasi "honky tonk" ben si lega al giro ossessivo. Completa il tutto un tappeto di mellotron. I 4 minuti finali sono strumentali, ripetitivi ma dinamici, non stancano. Dopo il rock-blues di "San Luigi", dove oltre la chitarra elettrica si mette in luce la batteria di un giovane ma già riconoscibilissimo Franz Di Cioccio, si arriva a "Il Re dei Re", pezzo a sfondo quasi "mistico", con la voce di Vandelli presente in tutta la sua "estensione". Brano non originalissimo, ma pregevole il suono generale. Ormai siamo alla "Fine", curiosa chiusura del disco, che riprende il tema iniziale de "Buon Giorno Amico Mio", affidato ad un flauto, ricco di cori, con il mellotron a rendere tutto orchestrale e quasi "epico": ma su questa base, in modo ironico vengono ringraziati i partecipanti al disco.
Sicuramente non avrà cambiato il corso della musica in Italia, ma è un disco che rappresenta bene quel momento storico, quel passaggio, quella zona "grigia" tra il beat-pop ed il progressive vero e proprio. Inoltre, essendo registrato in diretta, ancora oggi mantiene una freschezza ed un impatto sonoro che merita l'ascolto.
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