Un pianista eclettico dalla salda formazione classica ed un sassofonista impregnato di Coltrane e di freejazz, in un libero scambio di opinioni sulla storia del ‘900. Ecco l’impressione che mi hanno dato Eric Watson e Christof Lauer quando li vidi eseguire questo disco in concerto a Strasburgo, non lontano dal "Pôle Nord" dove nel 2011 é stato registrato dal vivo.

Nel corso del concerto mi é sembrato che i due musicisti improvvisassero un commento musicale sulle immagini più rappresentative del densissimo secolo che ormai da una decina d’anni ci siamo lasciati alle spalle, sensazione legata credo al forte contrasto creato tra lo stile pianistico a tratti molto classico e tendente all’introspezione ed il suono pieno e gioviale del sassofono. Una sensazione quasi di anacronismo é evocata negli scambi tra i due strumenti, come appartenessero ad epoche diverse ed incompatibili, che si intrecciano e si inseguono lungo la linea del tempo.

La passione di Lauer per John Coltrane traspare chiaramente nella prima traccia attraverso una serie di richiami ripetuti a "A Love Supreme", con ulteriori strizzatine d’occhio sparse per il resto del disco. Tra sussurri e richiami giocosi i due strumenti accompagnano l’ascoltatore in paesaggi ora in ombra ora in pieno sole. Li si osserva scambiarsi sguardi complici ed interrogarsi stupiti, per poi lanciarsi in inseguimento, come ad afferrare una risposta prima che questa riprenda la propria strada. In certi momenti poi il piano semina il sax, per inoltrarsi ed esplorare territori classici, lontani dal calore dell’ottone, abandonandosi ai propri pensieri.

Da gustare.

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