E' stato definito un horror ante litteram e anche un film essenziale, di quelli da far vedere nelle scuole.

Il docu-horror "Videocracy" vuole mostrare come la lobotomizzazione provocata da culi, tette, tronisti, veline e ogni altra diavoleria della cosidetta TV commerciale in trent'anni, abbia creato un mostro, e questo mostro sarebbe il popolo italiano. Un popolo che si fida ciecamente di sei telegiornali che dicono la stessa cosa, che ha come massima ambizione apparire in TV credendo che questo gli dia l'immortalità (e qui scappa la risata), successo e ammirazione, che pensa che studiare sia superfluo. L'etica del divertimento innanzi tutto.

Per raccontare questa Italia, Erik Gandini, italiano ormai residente da anni in Svezia, si avvale di interviste ad alcuni personaggi chiave, che, forse pensando di parlare con uno straniero, si sbottonano quasi fossero dal prete. C'è un ragazzo bresciano che sogna di andare in tv come emulo di Ricky Martin e Van Damme, delizioso nella sua ingenuità, sconvolgente quando ammette che sì, alla fine, se gli facessero fare un film, si metterebbe pure a novanta, chiaramente non per una particina (come dire, mai farei una rapina a mano armata per 1000 euro, ma per 10000...), c'è la fotografa della Costa Smeralda che abita sotto immaginate chi, c'è il regista stressato di Canale5, ci sono le mille ragazze che sognano di fare la velina "perchè nella vita è importante fare un lavoro che ti piace e sposare un calciatore".

Svetta la figura di Lele Mora, un essere assolutamente luciferino, di bianco vestito, circondato da sconosciuti muscolosi tronisti (il regista spiega anche che cos'è un tronista, all'estero possono pensare che sia un produttore di troni...del resto in Svezia hanno la monarchia!) da brivido la scena in cui mostra fiero la suoneria di faccetta nera con tante allegre svastiche che danzano sul cellulare. Per finire, non poteva mancare Fabrizio Corona, delirio di egomania e avidità infinita, che si descrive come un Robin Hood moderno, che ruba ai ricchi per dare a sè stesso, che arriva a filmare di nascosto il proprio divorizio in tribunale per rivenderlo ai telegionali a peso d'oro. Niente di questo però fa spavento come le facce di plastica della gente che canta "menomale che Silvio c'è", speri che si tratti di un mass game della Nord Corea, e invece è il tuo Pease.

In tutto ciò, ci si chiede, ma era necessario? Era necessario svergognare, mettere a nudo in questo modo debolezze e piccolezza di una nazione? E se lo era, questo servirà a qualcosa, servirà ad aprire gli occhi a qualcuno o il pubblico sarà presumibilmente solo quello che già queste cose le sa, che già è nauseato, che nei modelli della tv non si riconosce?

Nel contempo, un film interessante, per certi versi sconvolgente, ma sicuramente meno necessario di un "Gomorra", e comunque, niente mi toglie dalla mente l'idea che questa orrenda tv di nani e ballerine analfabeti sia solo la punta dell'iceberg di un male più nascosto, male di cui nessuno parla.

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