Come un ritratto.

"Le parole, pronunziate quasi sempre a mezza voce, intercalate di silenzi, sembrano dover deporre spesso le loro spoglie realistiche, per dir cose che egli intravede ma non sa dire con sole parole"


Ed è per questo che c'è la musica. Musica opalescente, sospesa come luce del sole d'ottobre. Nella nebbia fra due secoli. Una vita che si srotola in un labirinto che socchiude mille varchi culturali, mille tragedie, la nascita dei dubbi, i tuffi nell'inconscio e le fughe dal reale. Dal tardo-romanticismo alla guerra, fra la Venezia del 1876 e la Svizzera del 1948. Come un ritratto, questo di Ermanno Wolf-Ferrari.

"Vivo in Svizzera, perché, essendo di padre tedesco e di madre italiana, in questa maledetta guerra non ho trovato patria da nessuna parte. La mia neutralità è congenita, non per indifferenza, ma per flussi d'amore antitetico. Un'esperienza dura, ma proficua"


Ascoltare Wolf-Ferrari è come vestirsi d'Arlecchino. Serenità di musica variopinta, fatta di pezze d'anima lacerate. Musica quieta e antica, come acquarelli mozartiani, musica dai sapori misurati e crepuscolari. Cose piccole e tarde. Malinconie di albe brumose sul mare, di anima che si accartoccia come foglie d'autunno e vola via sul vento di un "Presto", geometrie perfette di note come fiocchi di neve. Wolf-Ferrari scrive musica "all'antica". Scrive d’archi, di violini, d’armonie, laddove tutto iniziava ad essere sperimentazione, dodecafonia. Wolf-Ferrari dà ancora voce al bello, mentre il vero lo lacera, lo copre nel suo rumore.

"Ogni cambiamento, anche il più agognato, racchiude una sua malinconia, poiché ciò che lasciamo è una parte di noi stessi. Bisogna in un certo senso morire per entrare in una vita nuova"


Ascoltare l'Idillio-Concertino op. 15 per oboe ed archi di Wolf-Ferrari è come pensare alla primavera nel cuore della nebbia di ottobre. Ha una serenità strana e fiduciosa, questa musica. E' una serenità "testarda", quasi. Perché "il genio è il miracolo del ritorno all'armonia per forza d'amore". E Wolf-Ferrari suole ripetere che "il genio è un dovere".

La musica di Wolf-Ferrari non ha aggettivi. E' solo terapia, esorcismo da se stessi. Esorcismo dai mali della seconda guerra mondiale, dalle maschere, dalle ipocrisie.

"Ah, questi benedetti nervi strapazzati dalla guerra! Ognuno ne è tocco, secondo la sua indole. Fra i miei amici uno, a quarant’anni, ha abbandonato la sua professione di musicista e si dedica all’acquarello, un altro si è fatto psicoanalitico; il poeta Rilke, che fu da me una settimana fa, non ha scritto neanche un verso durante questi cinque anni; il romanziere Wassermann, che vidi ier l'altro, è inaccessibile al punto da far pena a chi lo ascolta; pur essendo rimasto attivo e lucido"


Ascoltare Wolf-Ferrari è sciogliersi nell'estasi straziante ed estenuata dell’Adagio del concertino op. 15, o respirare il lirismo bucolico e il timbro remoto del corno inglese nel concerto op. 34, l’ultima opera del grande maestro veneziano. E' lo stupore fanciullesco del "Preambolo" dell’op. 15, un bozzetto incantevole e melodico, quasi una poesia di Gozzano messa in musica. Un crepuscolarismo colmo di luce sempre misurata, limpida, cristallina. I timbri degli archi che cullano, armonie classiche, perfette, un porto sicuro.

O l’impressionante e giocoso finale del concerto op. 34, "Allegro moderato, pesante", l’ultima pagina di Wolf-Ferrari, che, con quelle sue fanfare, reinventa nel 1947 una pagina di Haendel, o del Vivaldi più sfarzoso.

"Un giorno Giacomo Puccini domandò a Wolf-Ferrari perchè scrivesse sempre commedie musicali, e indugiasse a misurarsi col dramma. - Perchè il dramma mi fa troppo duramente soffrire: e io non so soffrirci dentro! -  rispose timido il maestro. E il lucchese bonariamente di rimando: -Col tempo ci si abitua! –"


Le citazioni di questa recensione sono di Giulio Cogni – "Wolf-Ferrari, Uomo"

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