Tratto dalla celebre omonima operetta dei primi del ‘900 di Franz Lehàr.
La vedova allegra è un film del 1934 di Ernst Lubitsch. È il secondo adattamento cinematografico dell’operetta. Prima di lui nel 1925, Stroheim, il regista e interprete di Femmine Folli, (cfr: https://www.debaser.it/erich-von-stroheim/femmine-folli/recensione) ne fece una versione più rigorosa.
Lubitsch, al contrario, adattò l’operetta alle sue caratteristiche più peculiari. Lubitsch, è stato un maestro indiscusso della commedia cinematografica di tutti i tempi.
Se dicessi che è stato il più grande, sì, più grande anche di Billy Wilder, non direi niente di sconvolgente o rivelatore e infatti lo dico. È stato il più grande di tutti!
Come ho già detto in un commento nella recensione (cfr: https://www.debaser.it/ernst-lubitsch/vogliamo-vivere/recensione) de ilfreddo del capolavoro To be or not to be (Vogliamo vivere! è il titolo italiano), Lubitsch è stato fondamentale per il genere, ha gettato le basi, ha creato uno stile (che Billy Wilder chiamerà “tocco alla Lubitsch”) inconfondibile, copiato e stra-copiato eppure inimitabile.
Ovviamente è solo vedendo un suo film che si può capire il senso di queste parole… ad esempio vedendo un re, che sull’orlo del lastrico fa il trasloco ed impacchetta personalmente la sua corona con la carta di giornale…
1885.
Nell’immaginario staterello della Morshovia, da qualche parte nei Balcani, vive una vedova (Sonia interpretata da Jeanette MacDonald) ricca, ricchissima.
Un giorno la vedova, ancora giovane, bella e ambitissima, stanca di vivere nel lutto, nel dolore e nello strazio, decide di recarsi a Parigi…
Tragedia! Se dovesse sposarsi con uno straniero per la Morshovia sarebbe la bancarotta!
Si decide dunque di mandare a Parigi un pretendente, la scelta ricadrà sul conte Danilo (Maurice Chevalier) formidabile sciupa-femmine, amante e rubacuori che con la vedova tra l’altro c’aveva già provato senza manco sapere come fosse visto che lei era in lutto ed aveva il viso coperto da una veletta nera.
Dopo questo prologo, comunque meraviglioso, inizia il film…
La missione del conte e l’incontro tra i due non accadrà però secondo i piani prestabiliti…
Il film si snoda su tre generi: commedia, musical, love-story.
I tre generi sono perfettamente bilanciati ed amalgamati ed è anche in questo bilanciamento, in questo sapiente utilizzo di ingredienti che possiamo scorgere la grandezza di questo regista, che fare un film non è una barzelletta.
E quindi non solo scene esilaranti, battute al fulmicotone, trovate, espedienti e dettagli (la scena del telegramma del re ad un suo funzionario è da antologia) che elevano la commedia brillante ad opera d’arte ma anche i canti da operetta, i balli, il valzer, il can-can e sono sequenze da vedere e da ammirare anche se non rientrano nelle vostre corde. E poi c’è la storia d’amore, appunto, che quando si ama davvero una donna …cento donne non servono più a niente.
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