"Fiamme"
Fiamme che proiettano una luce fredda di contemporaneità. È semplicemente un capolavoro, quest'opera di Erwin Schulhoff. Una "tragicommedia" - come recita il libretto - che pulsa di vita, d'amore e di morte. Fiamme che ardono attraverso le dieci scene dell'opera, lanciando bagliori sinistri in un linguaggio musicale costantemente ibrido, sospeso fra neoclassicismo e spruzzi di sonorità jazz. Fiamme in cui brucia l'uomo contemporaneo senza mai vincere le proprie oscurità interiori. Ombre che danzano attorno al fuoco della vita, che prendono corpo come fantasmi, fino a farsi voce.
Rappresentata per la prima volta nel 1932 a Brno, "Flammen" è una rivisitazione contemporanea e fortemente "maledetta" della leggenda di Don Giovanni. Un Don Giovanni (qui splendidamente interpretato da Kurt Westi) perennemente "arso" da un desiderio erotico che sembra non appagarsi mai. Un desiderio di carnalità che diviene ossessione, caricandosi sin dalle prime scene dell'opera di un forte presagio autodistruttivo. È il tema perenne di Amore e Morte che ancora una volta si intrecciano come due corpi nel crampo di un orgasmo, che presto però si ritira come un'onda in un oceano di abissale solitudine. È la terribile e agonizzante scena "Wie Regenbogen am Horizont" del primo atto. Di fronte alla propria solitudine, Don Giovanni intona ad un interlocutore muto - l'oceano - il proprio vuoto e il proprio desiderio di morte. Ma sono moltissimi i momenti memorabili di questo "Flammen". Come la meravigliosa e simbolista "Mitternachtsmesse" - Messa di Mezzanotte - dove le tre "Ombre" salmodiano un canto che affonda le proprie radici nella sacralità del gregoriano. O dove un organo liturgico si erge solitario dall'orchestra per intonare un "Gloria" che finisce ben presto annegato nei ritmi leggeri di una orchestrina jazz che suona il fox-trot. O nella fastosa e possente "Karnevalsnacht", dove archi e ottoni disegnano un affresco di titanica ed ansiosa maestosità, nel coro che esplode il suo neoclassico "Vivat Don Juan, Donna Anna". O ancora il drammatico dialogo finale "Tod sitzt in meinem Gesicht", dove Don Giovanni dialoga con l'unica donna che veramente ama, La Fata Della Morte (meravigliosamente incarnata da Iris Vermillion), senza mai poterla davvero raggiungere, come in una condanna alla vita eterna.
Un'opera incredibilmente complessa e "freudiana", potentemente erotica, da annoverare certamente fra le punte di diamante della lirica del novecento.
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