E nel 2005, Espen dagli occhi color del ghiaccio della sua Norvegia ritorna.
Pur non essendosi mai veramente fermato del tutto (risulta essere stato premiato per un suo duetto con una tale Sissel Kyrkjebø nella canzone “Where the last ones go”, molto bella… ma lei kikazzè??), questo “April” ha un respiro più europeo, anche se non mi risulta che sia mai stato pubblicato in Italia.
Sempre scritto, arrangiato e prodotto da Espen stesso, continua sulla falsariga di “Red” ma si presenta nel complesso come un lavoro più maturo (inevitabilmente, aggiungerei). Il singolo di lancio è “Unloved”, risultano sue performances promozionali in varie tv nordeuropee, un pezzo ovviamente pop ma senza quell’aura commercialotta che, francamente, non è mai stata prerogativa di questo cantautore (altrimenti non sarei qui ad ammorbarvi parlandovi di lui). E’ una ballata voce e pianoforte un po’ sofferta, (“you’ ll never see how is like to be unloved”) che, come “When Susannah cries”, ritorna sul tema dell’ abbandono stavolta raccontato in prima persona. Vabè, poco originale, ma la fattura del pezzo è tale che gli si può perdonare l’ argomento un po’ abusato.
Segue “Look like her”, pezzo che definirei estivo e fresco, chitarrine a scandire un poppettino sereno che sa di auto che corre nel sole verso infuocati lidi di vacanze e libertà. La voce di Lind è cresciuta anch’essa, non si maschera più nel falsetto che abbondava in “Red”, la differenza di timbro si nota piacevolmente e si ascolta volentieri.
Disco nel complesso senza infamia e senza lode, senza pretese di eccezionale originalità ma anche senza quelle caratteristiche che tanto arriviamo ad odiare nei vari pop-teen-idols: Espen Lind ci propone quello che sa fare, realizzato in toto da lui, senza nascondersi dietro management imponenti e senza pretendere di dettare legge in termini di look e trend (cosa che a mio parere, è sempre servita a nascondere agli occhi dei piccoli fans la pochezza musicale delle varie Britney e dei vari Lee), solo presentandosi a noi con la sua chitarra come a voler dire “se volete ascoltatemi, se non volete va bene lo stesso” con una discrezione tipica della sua terra. Altri pezzi interessanti sono “Life will turn around” gioiosa e piena di violini, “Pride” (torna il piano ad accompagnare) e la finale “Movie star”.
Nel complesso, non c’è nessuna traccia che delude o stona, tutte si amalgamano tra di loro a formare un cd che, a mio parere, rappresenta un ideale sottofondo per disimpegnati giri in auto o rilassati bagni in vasca, tutti quei momenti insomma in cui quello che si chiede alla musica è compagnia, ma poco invadente.
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