Contrariamente al trend debaseriano che vede prevalere vichingoni blackmetallers, teenagers emo-inside ed improvvisati indie-llettualoidi con la puzza sotto il naso, quello che mi accingo a recensire è un album salito alle cronache per essere stato -UK parlando-, tra i più venduti dell'anno, forte di 2 tormentoni mondiali, svariati premi, e quindi diciamocelo pure, COMMERCIALE. Ma zitto zitto questo dischetto ha per me rappresentato una sorpresa inaspettata, a partire da quella primavera in cui tentennante e poco convinto lo feci mio, mi ha accompagnato a lungo in questo 2008 veramente positivo per la londinese Estelle Swaray, che dopo tanta gavetta, di sicuro, a differenza dello squattrinato sottoscritto che avrà avuto niente più che "una sorpresa inaspettata", si sarà visto incrementare non poco il suo conto in banca, oltre che la sua notorietà, prima di allora praticamente nulla. Che poi anche esponenti della scena indie, emocore e metal tanto decantati finiscano nel calderone commerciale di MTV & co.. beh è un dettaglio. E che poi io non prenda nemmeno MTV e magari ne Estelle, ne i Baustelle, ne i Metallica passino continuamente... beh è un altro dettaglio, ma onde evitare penosi cut & paste biowikipediaci, intanto guadagno righe, e poi diciamocelo, andare contro MTV e l'intro provocatoria di stampo mourinhana fa tanto figo.

Lei è Il classico brutto anatroccolo: bruttina, sempliciotta, dentoni sporgenti, look mascolino (paradossi per un prodotto commerciale), la talentuosa Estelle è passata quasi inosservata col suo primo album datato 2004, ma manco a dirlo per lei arriva un insperato quasi cenerentoloso successo planetario (l'album per via del  primo singolo uscito a fine 2007 era partito malissimo in quanto a vendite ed aspettative) grazie al nuovo lavoro "Shine", una proposta di ottimo fatturato che si è fatta apprezzare dai più svariati palati per la sua grande classe, e l'abbondanza di influenze e molteplici stili musicali che ne fanno parte, giusto per citarne qualcuno: r&b, nu soul, hip hop, reggae, elettronica, funk, house, e non ultimi, gli immancabili richiami vintage tanto in voga in questo ormai morente 2008.

Trascinato dal dancereccio mediocre singolo "American Boy", prodotto dal mediocre Will.I.Am, in collaborazione con il mediocre Kanye West, che quest'estate non ha tardato a farsi sentire ovunque per mesi, in altrettante mediocri radio, spiagge, ed improbabili mediocri spot di suonerie con gatti rincoglioniti, cagnolini tritamaroni e belle topolone che ne rifanno il verso con simpaticissime e spassosissime parodie "divertenti come un martello pneumatico per togliere i punti neri dal viso" (cit. GUSTAVOLAMAZZA) o se preferite, "come un tritacarne automatico nelle mutande", (cit. GUSTAVOLAMAZZA), contrariamente alle aspettative conseguenti del singolone rompiballe, l'album si rivela invece essere un prezioso gioiellino nell'ormai iper-standardizzato e decadente panorama Urban. Come spesso accade, infatti, un primo singolo fin troppo commerciale e strapompato da media e radio fa gridare all'ennesimo scialbo prodotto di assetate label & papponi discografici che lo concepiscono al solo scopo cash. Ma fortunatamente non stiamo parlando di Puff Daddy, tantomeno di Timbo, la 28enne inglese è stata lanciata dall'ottimo e umile pianista-compositore-cantante-produttore John Legend, che l'ha messa sottocontratto nella sua Homeschool Rec.

Di Estelle colpisce l'elegantissima e calda voce black che sa essere vellutata, ma al contempo anche aggressiva quando richiesto, la classe e la raffinatezza del suo timbro risultano veramente gradevoli, e unite alle buone produzioni contribuiscono a creare un buon cocktail musicale, la sua versatilità al mi stupisce in positivo, non è raro infatti che si fiondi in brevi strofe rappate dove se ne esce molto bene (n.b. ha vinto il premio come migliore rapper femminile inglese per 3 anni di fila) o in fumati vaneggiamenti reggae uscendo cosi dai suoi standard nu-soul; presenta sonorità fredde e invernali, lascia infatti un po basiti il fatto che sia uscito in piena primavera e che abbia raggiunto l'apice del successo in estate, un periodo che non si sposa certo benissimo con le attitudini di Estelle. Altro punto a vantaggio di questo disco è il voler porre la melodia sempre sopra ogni cosa, fattore ahime sempre più mancante nei dischi urban recenti, perciò non aspettatevi i synth tamarri dei Neptunes, o i beat strapompati di Timbaland.

Tra i produttori troviamo nomi noti quali Will.i.am, Wyclef Jean, Swizz Beatz, Mark Ronson (quest'ultimo già premiato producer dell'anno grazie al successo ottenuto per via delle produzioni di Back To Black per Amy Winehouse, perle musicali mai come ora sprecati per quest'ultima, e che adesso trovano terreno fertile nella brava Estelle.)
Tra i featuring figurano il ritorno del rapper Cee.Lo (grande personalità oldschool ritornato in auge recentemente col progetto Gnarls Barkley), lo stesso John Legend, e l'ormai instancabile Kanye West, di cui non posso esimermi dall'esprimere un qual certo ribrezzo. Ecco quindi le sonorità fredde tanto decantate far capolinea in "Wait A Minute", contagiosa traccia dai toni vintage in cui l'aspra voce della nostra non passa di certo inosservata, Will.I.Am da un buon apporto con un ottima produzione, cosa insolita per lui, viste le patetiche produzioni passate (Black Eyed Peas in primis). Wyclef Jean degli storici Fugees produce la raffinata ed esotica "No Substitute Love", singolo dove continuano ad imperversare fantasmi retrò. "American Boy" è il  tormentone estivo in 4/4, una uptempo sostenuta da un classoso arrangiamento houseggiante. Estelle ci ammalia con la sua calda voce nella malinconica "More Than Friends" che campiona "Bridge Over Troubled Water" di Aretha Franklin, mentre con "Magnificient" (e qui la produzione del grande Mark Ronson si fa sentire) si incontrano atmosfere reggae ed oldschool che richiamano agli episodi incontrati 15 anni fa nello storico "Down With The King" dei maestri Run DMC.

Dal taglio più classico e sofisticato l'affascinante "Come Over" in cui legano bene i classici ragga-riff in levare, ed il mood vintage che ricopre tutto questo lavoro, notevole la produzione di Supa Dups. Ancora influenze regga/oldschool in "So Much Out The Way", traccia debole e facilmente vittima di skip, cosiccome la successiva briosa "In The Rain" con i suoi richiami al passato. Di ben altro spessore "Back In Love", ballad delicata, e di fatto unico vero pezzo che possa essere inquadrato nel solo genere R&B. Malinconica e notturna "You Are" che si fa largamente apprezzare con le sue percussioni vorticose e le sonorità rilassanti. Chiudono "Pretty Please" dal sapore gospel, e la tamarra titletrack "Shine" che purtroppo viene bocciata in toto.

Nel complesso un album da ascoltare per chi appassionato del genere e per chi sa apprezzare le calde voci black, facilmente assimilabile anche per i newcomeer di tali sonorità. Sicuramente tra i prodotti più interessanti e qualitativamente migliori del panorama mainstream 2008, io ne sono rimasto molto colpito e l'ho ascoltato parecchio. Sono pronto a scommettere in un futuro roseo per questa ragazza.

Carico i commenti...  con calma