Vale la pena insisterci ancora? Ma certo che si, se non altro per l'eccezionalità di questo disco: eccezionale in due sensi, un Etienne Daho in forma lo è a prescindere, ma "Collection" è eccezionale anche nel senso più letterale del termine, è un'eccezione, qualcosa di non comune. Di solito, operazioni come questa sono un espediente per spillare soldi ai fans o per onorare un contratto discografico in scadenza: un mix di cover e vecchi singoli riproposti in versioni alternative con un paio di inediti, qualche perplessità è più che comprensibile, ma questo "Collection" è veramente una prova maiuscola, soprattutto se contestualizzata nel percorso artistico di Etienne. Oltre ed essere un ascolto piacevolissimo è anche un'operazione sensata, con un suo perchè e un background credibile. Dunque, è il 1987, appena dopo l'uscita del terzo LP, "Pop Satori", un grande successo commerciale ma che personalmente mi lascia abbastanza a desiderare: nonostante due/tre ottimi singoli, è un album che suona come un compitino "standard", molto appiattito sul sound del momento, privo dei guizzi creativi e della personalità del precedente, "La notte, la notte"; Etienne Daho, che di certo non è certo uno stupido, a partire da "Pour nous vies martiennes" dell'88 abbandonerà il synth-pop aprendo una fase di transizione nel suo percorso artistico. "Collection" è quindi la chiusura di un ciclo, ma anche un omaggio al suo background musicale: ne viene fuori una commistione sixties-eighties accattivante e ben confezionata.

Cominciamo con "Et si je m'en vais avant toi", uno degli episodi migliori di "La notte, la notte", qui riproposto senza nessuna variazione stilistica (giusto così, è una canzone perfetta così com'è) ma in duetto con Françoise Hardy: capito mi avete? Del suo album d'appartenenza ho già parlato, dell'illustrissima ospite, conosciuta proprio grazie a questa collaborazione, pure, direi di passare oltre. Ci sono anche i due singoli di "Pop Satori", "Epaule Tattoo" e "Tombè pour la France", entrambi in versione maxi: sono due canzoni azzeccate, pop glamour 80's ma con grande stile e senza troppe esagerazioni, questo contesto e questa veste le valorizzano perfettamente, soprattutto "Tombè pour la France", una gemma synth d'autore che spicca per brillantezza ed ironia; questo contesto e questa veste la valorizzano in tutto il suo splendore dandy e potenziale ballabile. Abbiamo infine lo strano caso di "L'Etè", ripresa dal primo album, "Mythomane" del 1982, un pezzo sfumato, riflessivo, decisamente superiore alla media di un esordio ancora abbastanza acerbo e anche molto avanti coi tempi: elettronica minimale, batteria in primo piano, nessun sax; sembra quasi un'anticipazione dell'Etienne Daho più maturo, quello di "Eden".

In "Chez les Yé-Yé" reinterpreta Serge Gainsbourg con grande furbizia e brillantezza, con un organetto che aggiunge un feeling simil-psichedelico di gusto tardo-sixties, atmosfere che si richiamano ad un immaginario celebrato in grande stile con "Swingin' London", pubblicata ufficialmente per la prima volta proprio in questa semi-raccolta; glamour e divertente, una performance brillantissima, sicuramente tra le sue canzoni più immediate ed evocative, una sorta di "week-end a Rome" in salsa beat. Non solo ironia e velleità hippie ma anche dei bellissimi passaggi di carattere più intimo; una "Sunday Morning" riletta con un tocco delicato e sognante, ma "Sweeter Than You" di Ricky Nelson, classico pop sixties con venature calypso, non è assolutamente da meno: Etienne ne valorizza perfettamente il calore e la ricchezza melodica, nel pieno rispetto della bellezza e della semplicità originaria. Infine il fascino neoclassico, malinconico e decadente di "La ballade d'Edie S.", l'altro inedito di "Collection" nonchè grandissimo valore aggiunto: un ritratto d'autore, autentico capolavoro da fine chansonnier; e per risentire un ED così bisognerà aspettare addirittura "Les chansons de l'innocence retrouvèe" del 2013.

Per quanto riguarda la prima parte della carriera di Etienne Daho, "Collection" per me viene immediatamente dopo "La notte, la notte": è un lavoro vario, eclettico, ascoltandolo si può tratteggiare un profilo completo ed esauriente della personalità di Etienne Daho, e in più funziona benissimo anche come album, pur non essendo tale: i suoi contrasti sono perfettamente armonizzati, canzoni molto diverse come origini e sonorità si integrano bene tra loro, formando un insieme eterogeneo ma fluido, e questo lo trovo veramente notevole. Paradossalmente, "Collection" suona più coeso dei successivi "Pour nous vies martiennes" e "Paris Ailleurs", soggetti a repentini sbalzi sia come stile che come qualità. Un Etienne Daho così merita tutto il meglio che io possa dare, soprattutto per l'effetto sorpresa che contraddistingue i suoi lavori migliori, questo in particolar modo. Mai scontato Etienne, specialmente quando è in stato di grazia, cioè non sempre, ma a uno così perdono volentieri qualsiasi passaggio non entusiasmante, perchè in tutto quello che fa ci mette sempre del suo, una firma personale di stile ed eleganza che per chi lo conosce diventa inconfondibile.


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