Invitato da uno dei suoi musicisti, mia vecchia conoscenza, mi avvicino in una splendida sera di mezza estate alla sempre affascinante Positano, per assistere da dietro alle quinte a un concerto di tale Eugenio BENNATO di cui io, devo ammetterlo, so poco o nulla. Ma visto che campo di musica dal vivo, e non butto via niente, penso: tutto fa BRODO.
Anche se cerco di allontanarlo per quanto posso, mi assale irrefrenabile un poco nobile sentimento di scetticismo: non mi garba nulla di ciò che mi accingo ad osservare. Alle spalle di un palco sobrio ed essenziale troneggia il simbolo "Taranta Power", che mi sa tanto di sagra paesana di un comune con pochi fondi da investire, di "Girl power" de nojaltri, di cose noiose e da vecchi, che mi attirano come una vangata nelle gengive.
Durante il soundcheck il mixerista annoiato mi racconta, tra uno sbadiglio e una sigaretta, del progetto alternativo di musica popolare che il menestrello dal cognome che il popolino (tra cui me) collega inevitabilmente all'isola che non c'è, porta avanti con ostinazione da decenni. Bah. Rimango scettico e mi limito a spalancare la bocca di fronte ai virtuosismi di un gruppo di musicisti che mi fa rizzare tutti i peli delle braccia (si chiama invidia). 4 minuti prima dell'inizio arriva Eugenio, imbronciato e all'apparenza stronzarello andante, che mi stringe la mano senza nemmeno guardarmi in faccia.
Che bello sbagliarsi. Che soddisfazione arrivare ad autodefinirsi un idiota quando, a metà concerto, mi ritrovo a saltellare e ballare come non ho mai fatto in vita in mezzo a una folla festante composta anche da giovanissimi (e una miriade di belle figliole). Lo spettacolo è coinvolgente da non credere, scandito da "percussioni rurali", contaminazionie elettroniche, cori tribali e addirittura inattesi balletti molto folk (e anche dannatamente sexy) delle coriste. Il repertorio è un po' ripetitivo, ma impreziosito da melodie molto ricercate, una ricerca maniacale del suono "giusto" e qualche rara "cover" di canzoni più note (tammurriata nera, ad esempio).
Il sound della Taranta, nonostante il miope scetticismo, mi entra insomma nelle ossa facendomele vibrare. Non l'avrei mai detto. A fine concerto torno dietro le quinte e stringo la mano a tutti, e il mezzo sorriso che Eugenio regala ai miei complimenti mi pare un po' meno superficiale.
Non consiglio l'acquisto del CD, perché è troppo artiginale e non rende assolutamente merito alla qualità artistica offerta dallo spettacolo che ho cercato di raccontare. Segnalo solo una intensa e straziante esecuzione vocale della nota Pietra Montecorvino in "Fimmina Chiangi" e qualcosa di ascoltabile in "Riturnella". Per il resto i suoni sono cupi, le voci troppo riverberate, e nulla traspare della contaggiosa energia di quel Taranta Power che mi ha davvero drogato, anche se solo per una sera d'estate.
Non per niente i cd del Bennato meno noto non vengono nemmeno messi in vendita nella grande distribuzione, cosa, questa sì, assai rara. La musica popolare, infatti, quella "VERA", è solo quella suonata sul palco e vissuta dalla platea, e il Bennato meno noto, che non strizza l'occhio al commerciale, lo sa bene.
Andatelo a vedere, se vi capita, e anche se provenite da strade musicali molto distanti (come me), non potrete che rimanere affascinati, in un certo senso "consolati" dallo spettacolo, dai suoni, dalle atomosfere. Un po' come capita quando, arrivando da una settimana di pause pranzo scandite da buoni pasto da 7,50 € (lordi), sorseggiate il BRODO della nonna, la domenica a pranzo.
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