Perche iniziare dal "peggiore dei migliori"...
Ascoltare Annie Lennox e i suoi album da solista per anni senza però aver mai approfondito la sua discografia con gli Eurythmics (fatta eccezione per alcuni successoni come "Sweet dreams (Are made of this)" e "Here comes the rain again" che già conoscevo) mi è sembrato sempre come iniziare a leggere un libro dalla metà. Così passato il periodo in cui mi ero innamorato della Lennox-diva, donna dalla carriera quasi trentennale, mi son convinto: ho acquistato "The Ultimate Collection" degli Eurythmics e ho guardato qualche loro videottino su youtube. Inutile dirvi che mi si è aperto un nuovo mondo: ho trovato una Lennox che cominciava ad inventarsi, che imponeva la sua immagine androgina e pseudo-provocante, ancora lontana dai tempi della maturità e responsabilità di "Why" e "No more I love you's". Una Lennox guidata da un leggendario Dave Stewart il quale, insieme ai Depeche Mode, ha in qualche modo ha inaugurato gli anni '80 portando in tutte le case il suo adorato synth pop che oggi, nel 2010, qualcuno pretende di ritrovare in alcune canzoni della signorina Germanotta (ormai è inevitabile non citarla in una qualsiasi recensione!).
Soddisfatto del best of, la mia curiosità musicale mi fa comprendere che questo ''sommario eurythmicsiano'' non mi basta! Così, per caso, capito su un videoclip intitolato "Beethoven (I love to listen to)" (singolo non presente nella raccolta), in cui una repressa casalinga ai limiti della follia si trasforma in una provocante vamp che ricorda ad una Marylin Monroe leggermente più porca. La stessa vamp che ritrovo raffigurata sul cd dal quale è estratto il singolo, intitolato "Savage" del 1987. Titolo curioso nella sua semplicità. Lo compro (per giunta trovo l'edizione originale del 1987!) e torno a casa. Cuffie e libretto in mano. Il mio ascolto parte un pò prevenuto per un paio di motivazioni: avevo letto che quest'album è considerato come un mini flop della carriera del duo; inoltre conosco già tre canzoni su dodici. Ma cerco di farne un tutt'uno e non lascio che le critiche rivolte all'album mi influenzino negativamente.
L'album si apre con "Beethoven (I love to listen to)", la traccia che accompagna il video della "psicolabile": una traccia interessante, incalzante, la cui troppa ripetitività e la scarsa presenza di testo cantato sembrano quasi non dare fastidio guardando il videoclip alla quale è associata. Non so se mi avrebbe fatto un effetto diverso se non avessi visto il clip per primo. Promossa comunque. Leggo il titolo della seconda traccia mentre sta per finire la prima. Ancora una canzone con le onnipresenti parentesi. "I've Got A Lover (Back In Japan)" mi aveva incuriosito nel titolo. Ma la traccia in se stessa resta un'accettabile canzoncina synth pop con un testo comunque interessante sul tema dell'amore andato a male. Diciamo che passa. Andiamo alla terza, "Do You Want To Break Up": mi sbaglierò, ma un pò troppo poppettara questa song. L'ascolto per par condicio, tanto dura solo 3 minuti e 43 secondi. La quarta traccia la conosco bene, è "You Have Placed A Chill In My Heart", l'unico dei tre singoli che ha riscontrato un pò di successo all'epoca in cui è uscito l'album. Una bella ballad ritmata, piena di rancore e di voglia vendetta nei confronti dell'amore ''stronzo''. ''...I'm gonna leave this love behind...'' canta imbestialita la Lennox, mentre mi preparo già per la quinta traccia. Mi preparo perchè fino ad ora, oltre ai due singoli che già conoscevo, il resto non mi ha esaltato più di tanto. Arriva "Shame". L'attualità del testo della canzone è sconcertante, questo ''VERGOGNA!'' che Annie Lennox getta in faccia al consumismo di allora probabilmente passerebbe inosservato oggi, o al massimo verrebbe etichettato come 'patetico'.
La musica è orecchiabile, la voce di Lennox si mischia nel ritornello con quella di Dave, poco presente in questo album dal punto di vista vocale. Mi piace. Riprendo fiducia e accolgo a braccia aperte la title track, "Savage". La mia soddisfazione cresce con questa traccia piena di piccoli particolari che mi entusiasmano: la voce bassissima e calda di Annie, la musica che pian piano va incapricciandosi passando da un'innocua base synth ad un atmosfera di rock leggero (sempre mischiato ai sintetizzatori) che sfocia infine in un finale in cui detta legge un assolo inatteso ma perfetto per stare dove sta. E il discorso di questa dea disperata chiamata Violenza, con le sue pellicce e le sue pistole, che invita l'interlocutore a giocare con lei, a patto che sia dell'umore giusto. Una genialata ragazzi, a me è piaciuta un sacco. Torno sulla terra e mi aspetta un'amica di vecchia conoscenza, ''I need a man'' la settima traccia rocchettara in cui Annie invoca un Uomo con la U maiuscola, sporco, puzzolente e peloso. Nonostante nel testo dia l'impressione di essere un pò arrapatela, la traccia non si discute, energica e piena di significato. Certo di uomini così oggi Annie ne troverà ben pochi! L'ottava traccia, ''Put the blame on me'' presenta un ritmo latineggiante, ma mi pare di averla già sentita da qualche altra parte, non riesco però a captare la traccia che possa somigliarle. Comunque piacevole e ricercata, ma non grido al capolavoro. Nona traccia, ''Heaven'', un ovni. Gli ovni poco mi esaltano, se non dotati di una base musicale potente e convincente che possa mettere il testo scarno in secondo piano. Non faccio eccezione neanche con questa nona traccia. Fortunatamente è la più breve dell'album. E' il turno di "Wide Eyed Girl": mi mostro incurante alla musica, che sa di già sentito, ma il testo è interessante, soprattutto per alcune citazioni in italiano ("Prima amore" o "Mona Lisa") e il riferimento alla città di Roma. Salvo questi piccoli particolari, la canzone sembra un autobiografia che non mi convince del tutto. Non so, forse va riascoltata ancora un pò. La penultima traccia, "I need you", una ballata country che spicca tra le altre tracce dell'album per l'inaspettata calma che porta con sé. Piccolo aneddoto, mentre la Lennox canta si sentono alcune voci in sottofondo e ad inizio canzone viene accordata la chitarra che accompagnerà la traccia fino alla fine. Quasi come se fosse stata registrata in studio con la porta aperta e leggermente in anticipo. O come se fosse un demo preso per buono. Originale e toccante, carina dai! La dodicesima traccia nonostante sia l'ultima racconta un nuovo inizio: "Brand new day'' (impossibile non pensare alla "Brand new day" che Sting inciderà dodici anni dopo) inizia con la Lennox che canta acapella per metà canzone per dare poi spazio a suoni cristallini, che ricordano la vista di un'alba (per l'appunto), accompagnati da una batteria sempre più insistente.
Dopo il fade out dell'ultima traccia, riassemblo le mie emozioni insieme alle emozioni mancate e tutto sommato l'album è un interessante lavoro discografico, probabilmente incompreso nel complesso per alcune tracce poco innovatrici. Forse non sarà il loro miglior lavoro, devo ancora ascoltarli tutti i loro album (mi aspetta "Touch") ma ho sempre avuto l'istinto di iniziare da quello che viene considerato il "peggiore dei migliori" perchè nella maggior parte dei casi è sempre quell'album che più rispecchia l'artista (in questo caso incompreso) o, mal che vada, è una spazzatura che non riascolterò più. Per questa volta però sono convinto che per me vale la prima.
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