"Happily buzzing through the dark sky with my hand in my pants. I can't dance but I can blow like the wind. Pay no attention to the trouble I'm in. Goodnight mad Saint Anne, takes another bite mad Saint Anne." 

Gli Evangelista sono l'ultimo gruppo della Bozulich, ex leader di band come Geraldine Fibbers e Ethyl Meatplow. Metà roots music-metà Punk i primi, totally Alternative/Industrial i secondi. (Entrambi spaccaossa, of course.)  

Carla Bozulich è una donna turbolenta, inquieta e avventurosa. E' un'ex tossicodipendente e prostituta e ha tante cose da raccontarti. E in "Hello Voyager" lo fa al meglio, vomitando melodie crude e aspre e districandosi tra scure atmosfere Blueseggianti, cupo Post-Rock viscerale e lugubri e disturbanti strascichi Free.

Si contorce sulla sua chitarra scassata, scaglia accordi scarni e secchi che sono parenti stretti della No Wave Newyorkese e canta i suoi versi sibillini e vendicativi. A volte li urla, accecata dal rimorso e dai suoi fantasmi, facendo a botte con percussioni discontinue e archi struggenti, altre li recita, sottovoce, come un salmo, un'implorazione debole e sfocata, trafitta da una coltre di distorsioni roventi.

Ti contagia e ti conquista con la sua voce vissuta e viscerale, roca e consumata, sia quando gioca a fare la PJ in una "Winds Of St. Anne" che sa di Blues intossicato e stilizzato che quando si sbizzarrisce con il misticismo e i gorgheggi fluttuanti ed intrecciati di "The Frozen Dress", quando ti sbeffeggia nel Jazz marcio e notturno di "Lucky Lucky Luck" con tanto di coretti e quando graffia sprezzante nella sorprendente "Smooth Jazz", percussioni a ritmo di marcia, chitarre spigolose e nichiliste e un organo impazzito che si trascinerà funebre per tutto il disco fino ad implodere in "Hello Voyager", una lacerante dichiarazione d'intenti, un collasso di trombe, percussioni rimbombanti, ritmi arrancanti e sferzate violente di chitarra elettrica, con la Bozulich che sbraita aspre suppliche e alla fine, sfinita da turbini e contorsioni elettriche, si accascia e mormora sofferente, martire e vittima di abbandoni, abusi e prigionia.

La Bozulich non tratteggia, non dipinge ad acquerelli, ma calca sulla carta con il suo inchiostro rosso, schizza paesaggi aridi, solca a fondo la terra con il suo aratro di parole brucianti e violenza repressa, scatta istantanee di campi distrutti dopo la guerra e ce le sbatte sotto il naso così come sono, senza ritoccarle. Niente manierismo, nè fiorellini a sdrammatizzare l'atmosfera. Ti trascina in una densissima matassa emotiva, tanto che ad un certo punto del disco non riesci più a capire se la Bozulich stia cantando per liberarsi dei suoi demoni o se lo psicopatico sei tu e lei stia esorcizzando i tuoi.

Straziante e profonda come una tenebrosa versione femminile di Nick Cave.  

"These are the rules when you come to my town: When the wind blows there's no rules."      

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