Ci sono dei momenti nella vita in cui tutto è grigio: per chi è fortunato, o semplicemente troppo stupido, questi momenti sono pochi e brevi; per qualcuno possono durare tutta una vita. Quel che è certo è che tutti noi conosciamo questi momenti, in cui nostalgia e tristezza prendono il sopravvento, quando una delusione ci ha scosso al punto di non riuscire a piangere, quando alla sera siamo soli, zitti, carichi di rabbia, e ci dissolviamo come fantasmi nella pioggia, quando non capiamo come gli altri possano ancora sorridere, quando abbiamo paura.

Non fraintendetemi, non spaventatevi: non sto dicendo che 'The Inner Circle' ti faccia sentire così. Quello che voglio dire è esattamente il contrario, ossia che questo disco, questa musica, è figlia di quei momenti, e ne porta con sé l'immensa carica emotiva, un'energia oscura, rabbiosa, tramite la quale gli Evergrey ci comunicano i loro messaggi con insospettabile grinta e potenza.

Nulla è casuale: ogni pezzo, ogni nota di questo gruppo svedese trasuda emozione. Avrete pensato che "Evergrey" significa "sempre grigio", avrete tratto le vostre conclusioni, e io vi dirò che sì, qui è sempre tutto grigio, ma incredibilmente vario, sfumato, ritmato: le chitarre potenti e la batteria si mescolano dando origine ad un prog metal molto veloce, forte e aggressivo, che poi lascia spazio a velate note di tastiera e ad arpeggi acustici creando un'atmosfera tutta diversa, particolare, gotica e cupa, in cui la voce roca e violenta del cantante si fa d'un tratto leggera, introspettiva. Tutte le canzoni sono come degli sfoghi per qualcosa che è andato storto: un tradimento, una bugia, un amore finito, o quant'altro possa scatenare un tale grido di dolore pacato e graffiante.

Il risultato è qualcosa di eccezionale: mi piace pensare a questo disco come un'innaturale, quasi demoniaco contenitore di emozioni, di sensazioni; una rassegna urlante di tutti i mali interiori che affliggono l'animo umano, che si libra pian piano nell'aria quando si schiaccia play sullo stereo, e va a pervadere l'ambiente e a muoverti qualcosa dentro, qualcosa di freddo ma vivace, come se ti si accendesse una fiamma gelida nel cuore. Alla fine tutto si chiude con una preghiera recitata in "When The Walls Go Down". La paura e lo smarrimento delle parole di questo pezzo portano chi ascolta ad un finale criptico e angosciato: lo puoi quasi sentire il soffio gelido che spegne la fiamma nel tuo cuore, e che insinua nella tua mente la sofferenza delle parole. "Lord, if you don't help me I can't get through this...", "...Little by little you're losing me..." ...una richiesta di aiuto? L'ennesimo sfogo rancoroso?

La paura e lo smarrimento che sgorgano dallo stereo si possono quasi toccare, e per alcuni secondi diventano anche tuoi. Li senti dentro ancora per qualche istante, dopo la fine del disco. In un attimo però tutto scompare, come quando la notte si fa un sogno stranissimo, che alla mattina vorresti raccontare, ma ti accorgi stupito di non ricordare più.

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